Si riapre il caso dei "fidanzatini" di Policoro, probabilmente uccisi nel 1988?
Proprio in vista
dell'ultimo, atteso e decisivo provvedimento da parte del Tribunale di Matera,
che aveva riaperto le indagini lo scorso anno e che dovrà presto pronunciarsi,
emergono nuovi importanti particolari significativi sul giallo irrisolto dei
cosiddetti "fidanzatini di Policoro", da ventuno anni seguito dalle cronache di
giornali e televisioni anche nazionali.
Nuove ipotesi, da ambienti investigativi definite "piuttosto
interessanti, con indizi sicuramente meritevoli di un accurato approfondimento",
a nostro avviso andrebbero nella univoca direzione del duplice omicidio, sia
pure non del tutto premeditato, che avrebbe giustificazione, forza, movente e
dinamica da ricercare con più oculatezza nel passato affettivo-sentimentale
della brava e sfortunata ragazza. La pista giornalistica è del tutto inedita ed
emerge dalla lettura degli atti voluminosi, in particolare da un alibi non
compiutamente verificato, oltre che dal possibile profilo criminologico
dell'omicida.
Una ipotesi, per amore di verità e di giustizia,
non in senso formale o ritualistico, che dipana ombre, dubbi e sospetti
tendenziosi, incastra tasselli di un nebuloso mosaico e spazza via dicerie,
immaginifici castelli massonici e macchinosi complotti, togliendo per sempre
aloni di colpevolezza in sospettati ritenuti anche dalla magistratura
pienamente innocenti. Solo l'affannosa ricerca di "un" colpevole, ha in qualche
modo depistato e fuorviato le indagini, poi rivelatesi nel tempo impraticabili
e in un vicolo cieco.
La morte dei giovani Marirosa
Andreotta e Luca Orioli, entrambi quasi ventunenni e studenti universitari,
oltre che fidanzati, avvenne in casa di lei nel paese Jonico (cittadina dove i
due risiedevano con le loro famiglie), la sera del 23 marzo 1988
(ragionevolmente tra le ore 19,00 e le 22). I due cadaveri totalmente nudi furono ritrovati ufficialmente nel bagno
della casa della famiglia Giannotta-Andreotta, poco dopo la mezzanotte proprio
dalla madre di lei. Il giorno dopo avvenne l'ispezione cadaverica e il 25 marzo
i funerali. Da subito si pensò a un incidente determinato dal funzionamento
difettoso di uno scaldino elettrico. Solo la tenacia indomita dei familiari e
soprattutto della signora Olimpia Fuina Orioli, vera "madre coraggio" di lui,
portarono successivamente ad una
revisione almeno della "letteratura" e degli sviluppi giudiziari sull'inquietante
caso, fino a far emergere con chiarezza che molto più probabilmente si
tratterebbe di duplice omicidio di mani ignote ancor oggi.
Dieci anni dopo, nel 1998,
la prima autopsia sui corpi riesumati. Smentiti gli esperti che in
precedenza si erano occupati del caso con perizie traballanti o quantomeno
assai discutibili. Più di recente, il criminologo Francesco Bruno,
dell'Università La Sapienza
di Roma, in un parere "pro-veritate" scrive che senza ombra di dubbio "i due
ragazzi sono stati prima uccisi, ci sono i segni evidenti sui loro corpi, e poi
annegati nella vasca da bagno. Non era lecito per nessuno, specie se medico,
immaginare cause diverse di morte". Il caso arrivò nel 2000 in Parlamento. Piero Fassino, allora ministro
della Giustizia, affermò con chiarezza inequivocabile che la vicenda "ha
risentito in modo determinante della insufficienza degli accertamenti
espletati". Nell'estate del 2007, il pm
di Catanzaro Luigi De Magistris riapre il caso, seguito dal Tribunale di
Matera, che in precedenza lo aveva archiviato come una tragica fatalità. Per
l'avvocato Franco Auletta, da sempre sostenitore della famiglia Orioli, "è
davvero assurdo che si attenda ancora tanto tempo a decidere, quando ormai alla
causa dell'incidente non crede più nessuno, come anche la vostra indagine
sembra far capire".
Salvatore Verde
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