Per non dimenticare Nassiriya: un'opera dell'artista Salvatore Sebaste
giovedì 27 maggio 2010

"PER NON DIMENTICARE NASSIRIYA" dell'artista Salvatore Sebaste

Appuntamento per mercoledì 2 giugno 2010 alle ore 10,30, via Martin Luter King Metaponto Borgo (MT)

Interverrnno: Leo Chiruzzi, sindaco di Bernalda e Metaponto,Raffaello De Ruggieri, presidente Fondazione  Zetema di Matera, Maria Torelli, storico dell'arte, e autorità militari. Coordinerà  Nicola Rizzi, presidente del circolo culturale "La Scaletta" di Matera.

Image Era il 12 novembre del 2003, quando a Nassiriya (IRAQ) una tremenda ed immane tragedia colpì gli uomini di pace delle Forze Armate Italiane. In quel giorno altissimo fu il tributo italiano per la pace: morirono, infatti, 12 militari dell'Arma dei Carabinieri e 5 Militari dell'Esercito. Per quella sciagura, che vide coinvolti anche due civili italiani ed un imprecisato numero di innocenti iracheni, l'intera nazione rimase attonita e sconvolta.Toccati così da vicino, provammo allora sentimenti di sgomento, di dolore e di solidarietà per i familiari dei caduti per la Pace, ma anche di indignazione e rabbia dì fronte ad un atto così vigliacco ed inutile. Tutti gli italiani si sentirono vicini ai caduti e a tutti coloro che ogni giorno continuano con onore, impegno, abnegazione ed alto senso del dovere ad adempiere quanto la Nazione, attraverso il suo Parlamento, chiede.

Proprio per non dimenticare ciò che accadde quel giorno e per tenere sempre vivo il ricordo, il noto artista contemporaneo Salvatore SEBASTE, bernaldese di adozione, in sinergia con il Comandante della Stazione Carabinieri di Metaponto M.A.S.UPS MOSCOGIURI Giovanni, ha pensato di realizzare una scultura che ricordi efficacemente, ai cittadini di Metaponto e di tutti coloro che frequentano questo centro, il sacrificio dei caduti per la pace. Realizzata presso la bottega artigianale di Franco D'Auria di Bernalda, l'opera scultorea di metri 3,60x1,80, dal titolo "Per Non Dimenticare Nassiriya", è in ferro zincato su un basamento in cemento rivestito di carparo ed è installata nei pressi del cancello della Stazione Carabinieri di Metaponto, fuori dal giardino perchè tutti possano ammirarla e ricordare.

La "Spiga d'Oro" Associazione Culturale di Metaponto

 

Lettura critica dell'opera ‘Per non dimenticare Nassiriya' di Salvatore Sebaste

Da qualche anno Salvatore Sebaste lavora realizzando un tipo di scultura che costruisce per aggregazioni, per sottrazioni, per schemi, per concetti, mirando a ricomporre in un linguaggio modernissimo l'immagine di uno spazio dove penetrano forme e dimensioni della condizione umana.

E' stato soprattutto il suo rapporto quotidiano con la mediterraneità dei luoghi a coinvolgerlo nella ricerca di costruzioni plastiche quasi per tradurre i modelli statuari della classicità greca nella monumentalità di strutture espresse con moderni materiali. Tale ricerca ha inaugurato nuove possibilità formali e ha espresso aggiornati messaggi.

In questa recente pulsione creativa l'artista, oramai lucano di adozione, non ha potuto tradire la sua origine salentina dove vive con forza il riconoscimento popolare del salvifico ruolo dell'Arma dei Carabinieri. Una simile coscienza popolare, nel tempo, si è tradotta nella scelta di vita di molti giovani di quel territorio che, arruolandosi, hanno sposato la missione civile e militare dell'Arma dei Carabinieri.

Questi valori territoriali hanno tonificato il progetto affidato a Salvatore Sebaste di ricordare nel tempo i militari caduti a Nassiriya mentre attendevano alla loro missione di pace, garantititi dal convinto impegno italiano per il rafforzamento civile, culturale ed economico della gracile democrazia irachena.

E' a tutti noto il contributo assicurato dall'Italia all'Iraq, dalla caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003 ad oggi. L'impegno del nostro Paese a favore della libertà del popolo iracheno e della conseguente stabilizzazione democratica è stato infatti importante e significativo, sia in termini umani, per il sacrificio di nostri militari e civili, sia in termini di risorse economiche.

Con questo spirito e con questi valori è stata realizzata la grande scultura in ferro il cui espresso proposito è stato appunto quello di elevare a monumentalità la memoria dei caduti di Nassiriya. E il luogo prescelto non poteva non essere Metaponto, pervaso dall'eroismo del mito e dalle testimonianze di una storia mai sconfitta.

Sebaste ha trovato naturalmente lo spazio ispiratore, forte di per sé degli impulsi e dei sensi segnati, dove inglobare la propria creatività plastica.

Attraverso un ricercato mimetismo visivo l'artista ha divaricato la costruzione ferrosa in due braccia osannanti, quasi a ricordare la violenza lacerante di una esplosione e la ricomposizione simbolica di un abbraccio solidale per i militari caduti.

Nel rendere visibile il pensato, Sebaste ha scelto una scultura liberata dalle tradizionali cadenze di materiali, condizionata dalla immagine umana; è una scultura nuova, empirica, immediata, corsiva, demistificata rispetto ai modelli della mitografia statuaria. Una scultura fondata, appunto, strumentalmente sulla corsività gestuale dell'intervento diretto, fiamma ossidrica e saldatura alla mano, e quindi basata sulla dialettica con una materia altrettanto immediata e concreta, una materia come il ferro, universale sotto il profilo della tecnologia contemporanea.

Sono frammenti di forme antropomorfiche ricavate in trasparenza dall'iniziale omogeneo supporto metallico, sono figure dai contorni marcati che si formano non per lenti depositi di materia ma per brusche rotture, sprigionando tutta la energia e la immediatezza del gesto creativo che le ha strutturate.

E' una scultura che parla allo spettatore tanto più direttamente e perentoriamente quanto più la quasi virtuosistica certezza di mano del forgiatore e la sua inesauribile vena nel reperire strumenti inediti al suo linguaggio si trasformano in forme in cui la figura dell'uomo si ripropone in diversa essenzialità.

In questa visione, con Sebaste, l'elemento primario e materico ritorna ad una esaltazione totale. Il problema da affrontare è la ricerca di un rinnovato rapporto tra tecnica e uomo, tra tecnologia e umanità e la relativa misura è espressa dall'uomo con la sua capacità critica.

Nel nuovo sentiero artistico, rappresentato dalla creatività plastica, Sebaste manifesta appunto il desiderio di sperimentare nuove tecniche di lavorazione della materia che siano più immediate rispetto al tradizionale metodo di comunicazione.

Egli allora affianca all'espressionismo mediterraneo delle sue tele il modellato traspirante delle sue sculture fatte da diversi materiali (acrilico, legno, ecc.), ma fermandosi verso la sperimentazione del segno tranciato dalla fiamma ossidrica su una informe lamiera; si apre, così, una nuova stagione per l'artista "lucano", nella quale egli si allontana definitivamente dagli ultimi retaggi della sintassi espressionistica per intraprendere un nuovo percorso che lo porterà a divenire uno scultore dalla forte concettualità del messaggio.

Il suo è una specie di inedito totemismo, sottratto all'arte astratta, perché munito di visibili e forti messaggi sui valori assoluti espressi nel tempo dalla vicenda storica della umanità. Sono oggetti tattili, investiti di grande significato per lo spettatore, chiamato a viverne i contenuti tragici ed evocativi.

Con questa opera Sebaste traccia un itinerario dove la manualità e la concettualità sono in continuo dialogo, passando coerentemente dal progetto all'opera, dalla materia alla sua rigorosa elaborazione formale, dal segno immediato all'impegno nella traduzione di un valore simbolico.

Egli sostanzia la sua proposta di scultura come progettualità, in un rigoroso racconto emblematico che ricompone le tracce del passato (gli eroi classici della terra jonica: come il Metabos installato all'esterno del Museo Nazionale Archeologico di Metaponto) e le storie drammatiche del nostro tempo (gli eroi di Nassiriya) in scritture dove prevale la scansione del ritmo evocante antichi procedimenti creativi e la contemporaneità delle produzioni seriali.

Come già si è accennato per Sebaste la scultura è prima di tutto un messaggio traslato in forme e contenuti, una dimensione della scultura che si misura, sfidandoli, con la tecnologia e con i linguaggi del mondo contemporaneo.

Forte di questa temperie ispiratrice e dell'esperimentato moderno metodo di lavoro, Salvatore Sebaste ha sublimato, così, nell'opera lo spirito di sacrificio degli eroi di Nassirya e la costanza della missione di pace attuata in territori lontani dai militari dell'Arma dei Carabinieri.

Raffaello de Ruggieri, Presidente della Fondazione Zétema - Matera

 

Per non dimenticare Nassiriya: forme della memoria

La promessa dell'arte, quando si ispira a fatti eroici, è quella dell'immortalità nella memoria. In una società in cui il compimento del proprio dovere quotidiano è spesso epica impresa contro l'indifferenza e il lassismo, l'arte celebra coloro che combattono per la pace, coloro che costruiscono anziché distruggere.

Il primo impatto visivo con la scultura del maestro Sebaste sembra dirci appunto questo, presentandoci al centro ideale dell'opera il simbolo dell'arma dei Carabinieri, che però si regge e fonda la sua vitalità sugli atti e potremmo dire sulle esistenze stesse di coloro che lo compongono, cosicché l'istituzione non si dia senza gli uomini, e questi ultimi affidino il senso della propria realizzazione ad essa. Per questo il simbolo, chiaro, è al centro di una massa scura di uomini, che lo proteggono e da esso sembrano trarre l'energia del movimento. La scultura appare quasi come il tronco di un enorme albero spezzato in due da una folgore: dal cuore della pianta, però, emerge la caparbia bellezza di un nuovo germoglio.

Inevitabili le stratigrafie emozionali di un segno tanto potente e evocativo. Per il naturale contrasto che le figure monocrome creano con l'ambiente in cui si trovano, dobbiamo tornare con la mente ai segnacoli delle antiche tombe ateniesi del Dipylon: grandi vasi di ceramica brulicanti di figure nere, cavalli e uomini che sfilano in cortei funebri destinati a non spezzarsi mai. Il colore scuro impone all'immagine di non sbiadire, al ricordo di non affievolirsi. L'effetto raggiunto dal maestro Sebaste è simile a quello voluto dall'anonimo ceramografo ed altrettanto produttivo.

Ma non è solo la ceramica greca ad essere rievocata. Hieronymus Bosch, con le sue angosciose assemblee di uomini che svelano molto meno di quello che mostrano, è ad un capo di questa immaginari linea: il polo del dolore, dell'arte ammonitrice contro i delitti dell'umanità; gli articolati intrecci decorativi dello stile pop di Keith Haring vengono invece alla mente per la liberatoria (e positiva) composizione delle forme. Salvatore Sebaste ha saputo fondere in un unico complesso disegno entrambe queste istanze, realizzando un pezzo che si bilancia perfettamente tra la denuncia dei pericoli del mondo e la celebrazione della sacralità della vita, scevro da ogni retorica e capace di arrivare al cuore dell'osservatore per mezzo di un tratto che è avanguardistico e insieme senza tempo.

Non a caso i riferimenti per questa opera sono pittorici, perché la scultura "dipinge" un soggetto che nel mondo circostante ha il proprio rilievo, che chiede di essere visto prima che guardato. Lo sfondo dell'opera di Sebaste è la terra, il cielo, il paesaggio che traspare dai vuoti lasciati nella materia, attraverso gli occhi cavi delle figurine, intorno alle loro membra geometrizzanti e al medesimo tempo espressive. Ciò che colpisce è proprio la chiarezza narrativa, intensa e commovente senza essere artificiosa: è la luce che definisce lo spazio creando peculiari giochi di ombre e definendo volumi che solo grazie ad essa appaiono; sono il togliere, il tagliare, il travagliare la materia che danno senso a quello che poi emerge.

In questo monumento per gli eroi di Nassiriya si avverte sì il grido della sofferenza, però forgiato in un serrato e tuttavia elegante incontro di corpi: come un ossimoro artistico che dettaglia il caos in precisi modelli, trovando un'euritmia  incalzante laddove sembrava impossibile che ve ne fosse. E cos'è il caos, infatti, se non l'abisso spalancato sul dolore, ma anche la gioia creativa, il valore che sempre si rinnova nella risposta del cuore alla violenza? Come a volerlo dimostrare, il metallo si fa fragile quanto la vita dell'uomo, e inattaccabile quanto la sua anima. La forma cede il passo al gesto e alla sua forza interiore, l'oratoria non ha posto dove l'emozione dell'artista si comunica in modo istantaneo allo spettatore.

Per una volta assistiamo non al dialogo dell'umanità con le voci della Storia, di Dio, dell'Etica, ma ad un sommesso messaggio dell'uomo per l'uomo: perché i sacrifici non siano vani, occorre celebrare la vita, ricordare il bene.

Maria Torelli