Intervista a Vincenzo Di Giura, sindaco di Tursi dal 14/12/1971 al 26/05/1975
giovedì 06 ottobre 2011

INTERVISTA A VINCENZO DI GIURA, SINDACO DI TURSI  dal 14/12/1971 al 26/05/75

Qualcosa della sua biografia.

Image Nato a Tursi nel 1940, sposato e padre di due figli. Dopo le Elementari ho frequentato la scuola Media tra Tursi e Taranto, poi ho conseguito il diploma di ragioniere nell'Istituto tecnico commerciale di Matera. Partito per il servizio militare, a quei tempi obbligatorio, al mio rientro e fino all'età di 34 anni ho aiutato mio padre nell'attività di famiglia, ossia nel mulino-panificio. Successivamente ho vinto il concorso nella Cassa di Risparmio Calabria e Lucania di Tursi, lavorandoci fino all'età della pensione.

La sua attività politica?

Tutto iniziò nel 1966, avevo già la tessera della Democrazia Cristiana, quando mi fu data la possibilità di partecipare alla tornata amministrativa, dopo la caduta della precedente amministrazione socialdemocratica retta dal sindaco Domenico Basile. Ci presentammo di fronte gli elettori con una lista giovane, capeggiata dal dottor Domenico Latrecchina e che includeva anche il dottor Salvatore  Romano, il maestro Armando Di Noia, Pasquale Calciano, i due Vincenzo Nigro  e altri. Prendemmo la maggioranza assoluta dei consensi, ma Latrecchina, pur essendo capo lista non fece il sindaco, cedette il posto a Salvatore Romano, che rimase in carica fino a quando vinse il concorso nell'Inps, dopo gli subentrò il maestro Di Noia. Terminato il mandato, alle elezioni successive mi ricandidai, questa volta come sindaco, appoggiato da un'altra lista giovane che conquistò di nuovo la maggioranza assoluta dei consiglieri, ossia 11 su 20. Nella mia squadra c'erano, tra gli altri, il professor Giuseppe Di Matteo, il professor Vincenzo Cavallo, l'insegnante Maurizio Gallo e il tecnico Nicola Crispino. Rimasi in carica fino a quando vinsi il concorso in banca,  quando fui costretto a dimettermi per incompatibilità e mi successe Vincenzo Cavallo. Successivamente, nel 1985, mi candidai come consigliere e ottenni l'appoggio di tutta la cittadinanza tanto da diventare assessore, con delega al Bilancio.

Qual'era la situazione tursitana appena insediato?

Soprattutto nei piccoli comuni come il nostro, la priorità era garantire quei servizi di prima necessità che mancavano, basti pensare alla rete fognaria, all'acqua potabile, alla corrente elettrica. I miei predecessori si prodigarono sicuramente per garantire questo alla cittadinanza ed io, nel mio piccolo, cercai di proseguire con la ferma volontà di assicurare una vita dignitosa a tutti, nei limiti delle mie responsabilità. Senza dimenticare che, a livello economico, il comune, come tutto il Paese-Italia, viveva un periodo di grande crisi, quindi ogni opera doveva essere fatta in economia, senza chiedere aiuti. Questo incrementò e diffuse il fenomeno dell'emigrazione e Tursi andò svuotandosi, con i giovani che vedevano nel nord, specialmente a Genova (dopo gli anni 1950-60, ndr), l'isola felice che qui non poteva esserci.

Il suo mandato, uno dei più lunghi a Tursi, cosa ha lasciato in dote alla cittadinanza?

La mia amministrazione ha sempre cercato di rendere la cittadina il più possibile a misura d'uomo. Tra le prime iniziative che adottammo, ci fu l'approvazione del piano di fabbricazione, obbligatorio per legge in ogni comune. Per fare questo, abbiamo prima ammodernato il canale Pescogrosso, che rappresentava un grosso limite strutturale. Cosi, anche con l'aiuto del ministro Emilio Colombo, riuscimmo ad ottenere l'incanalamento del torrente, sicuramente una conquista che mi inorgoglisce. In seguito, realizzammo vari interventi nella pubblica istruzione, come gli edifici scolastici a Santi Quaranta, destinati a ospitare asilo e asilo nido. Altro provvedimento storico che venne preso, è stato sicuramente il trasferimento del rione Rabatana, applicando la legge Zanardelli, in quanto dotata di abitazioni malsane. Dopo questo atto, coraggioso per quegl'anni, realizzammo l'attuale rione Santi Quaranta, zona 167. Senza dimenticare l'agricoltura, il settore portante della nostra economia. Migliorammo la viabilità di collegamento con le campagne, visto che la maggior parte delle strade erano mulattiere e difficile da percorrere. Tutti questi interventi, tengo a precisarlo, li abbiamo realizzati sempre in economia, senza fondi da parte di nessun ente. A seguito di questo posso dire di aver dato il là a tante opere che poi sono state completate sotto altre amministrazioni, come il campo sportivo a Santi Quaranta e  la realizzazione della zona artigianale. Infine, mi piace ricordare che anche nello sport Tursi riacquistò vigore ed importanza, visto che partecipammo anche alla prima edizioni dei Giochi della Gioventù a Roma, ottenendo discreti risultati soprattutto nel basket, grazie alla grande passione dell'intramontabile professor Salvatore Martire.

Capisco che sia stata un'esperienza intensa, entusiasmante e a stretto contatto con la popolazione, ma c'e' qualcosa che non rifarebbe?

Sono fiero di aver dato quasi dieci anni della mia vita per il bene della comunità e, senza presunzione, posso dire che dedicando anima e corpo alla cosa pubblica, riuscimmo a superare le mille difficoltà che incontravamo, senza l'aiuto di finanziamenti pubblici o di compensi per l'operato che tu svolgevi. Oggi è tutto diverso e per questo la politica viene così mal vista da più parti. L'unico "neo" del quale mi posso pentire, riguarda il rione Europa o Piana, precisando però che, quando iniziai il mio mandato, i suoli erano già stati assegnati; la cosa più grave è che tali lotti erano stati venduti così come sono stati edificati in quella zona, e poiché la maggior parte di chi acquistò lavorava fuori Tursi, soprattutto a Genova o in Svizzera come operai, e i pochi risparmi che riuscivano a racimolare, li investivano per realizzare la loro casa, così non me la sentii, soprattutto a livello umano,  di bloccare la fabbricazione di quella zona, pur sapendo i disagi che ci sarebbero stati. 

Dopo il mandato amministrativo, lei è stato anche consigliere provinciale, ma poi si e' quasi eclissato dalla scena politica, perché?

Mi sono ritirato perché non mi ritrovo più in questo modo di far politica. La politica per me è passione, dedizione e attaccamento alla cosa pubblica. Oggi invece ci sono troppo interessi economici e poca attenzione verso i problemi della collettività. In compenso posso dire di essere fiero di quello che ho fatto per il mio paese e per la mia gente, sapendo di avere la coscienza apposto.

Salvatore Cesareo