Quando andremo in pensione? Le malefatte della politica sull'INPS |
giovedì 24 ottobre 2013 | |
Quando andremo in pensione? Le malefatte della politica sull'INPS di Verdiana C. Verde ECONOMIA / OCTOBER 22, 2013 BY ITALIANO PER CASO - www.italianopercaso.it
Come
può l'INPS cambiare le carte in tavola, stabilendo arbitrariamente la modifica
delle condizioni in base alle quali i soggetti possono accedere alla loro
pensione, dopo anni e anni di versamenti e vincoli di stipendio?
L'INPS,
l'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale è una sorta di impresa assicuratrice
che stipula con i lavoratori, autonomi e dipendenti, privati e pubblici
(ormai), delle "polizze assicurative" che vedono contrapporsi al pagamento dei
premi il diritto ad una rendita vitalizia allo scadere del termine previsto
(anno di pensionamento). La ragione per cui il rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità si applica solo ai contratti dinanzi indicati si spiega per il fatto che solo nei contratti in cui intercorre un intervallo di tempo tra il momento della conclusione di esso e il momento dell'esecuzione della prestazione, possono verificarsi gli avvenimenti straordinari ed imprevedibili.
Perciò,
che la congiuntura, o la cattiva gestione delle risorse, abbiano reso
difficoltoso l'adempimento da parte dell'Inps, che in questo caso è il nostro
debitore, è un qualcosa che non può e non deve ricadere sulla vita delle
persone che negli anni hanno adempiuto alle loro obbligazioni. È illecito.
Dai
testi giuridici si legge che: "Si noti che la prestazione deve diventare
eccessivamente onerosaprima che il contratto abbia
avuto esecuzione e purché il debitore non sia in mora (il
debitore in questo caso è l'INPS): si ricordi, infatti, che se è a carico del
contraente moroso l'impossibilità sopravvenuta della prestazione dovuta, a
maggior ragione sarà a suo carico l'onerosità sopravvenuta durante la mora. La
mora si ha se allo scadere dei termini di pensionamento, originariamente
previsti, l'Inps nostro debitore non è in grado di erogare la prestazione
dovuta. Quindi, non solo l'Inps non può modificare i termini del contratto ma,
qualora non possa adempiere la sua prestazione, sarà addirittura in mora.
Persino
il ramo bancario ha adottato misure a tutela della controparte e
dell'equilibrio nei negozi giuridici. Tuttavia, uno sbilancio così elevato che non prevede alcuna variazione a favore degli interessi dei creditori è un qualcosa di inaccettabile. Pensate se si potesse avere la possibilità di trasformare parte del debito-liquidazione che l'Inps ha in scadenza con i nostri genitori, o altri parenti in assenza, in un debito a medio/lunga scadenza verso di noi: parte della liquidazione, somma da liquidare in una o poche più soluzioni, si trasforma in pensione futura, da liquidare mensilmente e posticipata nel futuro. Questo si tradurrebbe in un vantaggio per l'Istituto che non dovrà sborsare ora soldi, che non ha, ma li verserà più in là nel tempo. Si avrebbe lo stesso effetto e obiettivo della manovra attualmente adottata. E le esigenze di cassa, che dovrebbero, secondo loro, essere colmate dai premi aggiuntivi che i nostri genitori dovrebbero versare continuando a lavorare, verrebbero semplicemente coperte dai contributi pagati da noi, dai figli che entreranno nel mondo del lavoro, data la fuoriuscita dei nostri genitori! Parte di questo debito verso i nostri genitori, infatti, si trasformerebbe in un debito dell'Inps verso di noi nel momento in cui noi andremo in pensione. Una sorta di solidarietà generazionale "effettiva" finalmente. Al contempo, nella vita reale succederà questo: anziché vedere i nostri genitori lavorare a 60 anni per poi dare a noi, disoccupati, i mezzi per sopravvivere, vedremo noi lavorare e loro avere una pensione che sarà ridotta in termini reali ma di fatto sarà all'incirca quanto gli rimaneva dopo averci mantenuto! Noi ci ritroveremmo ad avere già qualche anno di contributi che, considerata la difficoltà di trovare un lavoro stabile e considerata anche la realtà che a 30 anni siamo in pochi a godere anche solo di 1 anno di contribuzione, non è da sottovalutare. Fino a che età dovremo lavorare? E con che pensione: di vecchiaia? E l'età di pensionamento, quando noi ci arriveremo, a che livello sarà arrivata? Se nel 2013 è a 66 anni, nel 2049, quando noi saremo in età pensionabile, il limite sarà arrivato ad 80 anni? E quanto tempo resteremo vivi e, soprattutto, in buona salute da goderci la pensione? ... non si lavora una vita intera. Ogni contributo che versiamo oggi non lo rivedremo più sottoforma di pensione spettante ... se si continua a permettere al Governo, ai partiti, ai manager di Istituti, di cambiare le condizioni di un contratto che è a obbligazioni corrispettive e per il quale deve essere garantito il diritto all'equilibrio. E che condiziona le nostre vite. Verdiana Carmen Verde |