"Incerti umani", la raccolta di poesie del poeta lucano D. Brancale, di M. Inchingoli
venerd́ 22 novembre 2013

"Incerti umani", la raccolta di poesie del poeta lucano D. Brancale, di M.Inchingoli

Giovedì sera (21 novembre) a Potenza, nel programma della quinta edizione del "Festival Città delle 100 scale",  rassegna internazionale di danza urbana e arti performative, il poeta lucano Domenico Brancale ha proposto una istallazione incorniciata dalle immagini del video "Se bastasse l'oblio" di Jacopo Mario Gandolfi, per presentare  la sua ultima raccolta di poesie "Incerti umani" (Passigli Editori, 86 pp.). Ai nostri lettori la recensione del libro, di Maurizio Inchingoli*

L'approdo nella poesia di Domenico Brancale non è mai frutto del caso, se ciò dovesse accadere si partirebbe sempre dal fatto che nei ricordi i sedimenti sono troppo ingombranti per metterli da parte, quindi esistono da sé e prima o poi tornano. Altro dato da non sottovalutare è che non risulta mai peregrino che il poeta lucano usi spesso termini come pietra, freccia, parola, sostantivi che ci fanno capire di quanto sia importante oggettivare un percorso artistico, senza rimanere troppo nel vago e nel non detto, vedi anche alla voce articoli sul web o parole in libertà su social network et similia.

Perché un artista è persona libera ed allo stesso tempo schiava dei propri pensieri (un inesorabile rimuginare sul senso del significato e delle sensazioni corporee che questo sprigiona, visto che queste ultime sentono più di tutti la sensibilità dell'altro). Una persona che ha il bisogno di mettere nero su bianco le paure, i propri desideri e le passioni di una vita è poeta di per sé, e Brancale ha la capacità di mettere ordine tra i quei pensieri (spesso magmatici e "persi") nonostante venga assalito da accenni di balbuzie ed improvvisi e continui scatti in avanti, come una faina in preda al delirio incombente di azzannare la preda, altrimenti sarebbe la morte, quindi preda stessa delle distrazioni.

Animalesco perciò, duro e aggressivo, è il suo modo di centrare l'obiettivo, recitare la voce, anche se con gli anni che passano questa si è un pelo flessa per via di una fase critica nel fisico che l'ha in parte modificata. È nata una fase "asmatica" dunque, interrotta, quella dove la sua voce non smette però di abusare delle cavità che la ospitano, come se vivesse all'interno di una performance continua. "Incerti Umani" è tutto questo, ma anche di più, e soprattutto è la summa degli ultimi anni irrequieti di Brancale, uno iato iniziato nel 2007, quando vide la luce il precedente "L'Ossario del Sole", altro punto fermo del suo lavoro con a margine la nota introduttiva del compianto Michele Ranchetti.

Nel frattempo, dicevamo, lui se n'è stato in giro per l'Europa, preso a coltivare amicizie e collaborazioni importanti con John Giorno, Miquel Barceló, Alberto Manguel, Giovanni Giovannetti (quest'ultimo ha pubblicato per la sua Effigie la raccolta di scritti sparsi degli ultimi anni "Controre"). Ha inoltre collaborato col regista bolognese, di stanza ad Istanbul, Jacopo Mario Gandolfi, e con la rivista di cinema "Rifrazioni", diretta dallo scrittore e film-maker Jonny Costantino, suo amico fraterno e concittadino bolognese, pur se di origini calabresi. Breve e necessario affondo nel libro: "...dire pietra / spietrare ogni sussurro / far durare il nulla"

Colui che nasce nella patria dei calanchi non poteva che amare radure e terreni argillosi, dunque ha dimestichezza con gli elementi della terra, più o meno "duri", e mai smette di perseguire una fantomatica fusione tra il corpo e la pietra. Può solo evocarla però, tale unione, nel continuo girovagare dell'essere umano che pensa e riduce il pensiero stesso a poche righe stampate su di un libro. "...corpi fa / lenzuola su un'incerta parola" Colui che, come una crisalide, raggiunge lo scopo di cambiare pelle diventando farfalla, montando poi ali per volare saettando tra i pensieri, non può che ricordare di quando era altro corpo, forse più debole nella struttura.

Un corpo quindi che si "fa" con il passare del tempo, che invece di consumarsi si rigenera evocando i ricordi di quello che è stato, sempre balbettando apertamente il suo trionfante imbarazzo. Il passato e il talamo come misura di quello che abbiamo consumato, forse... "...restando / restando / sterminata alba / nel cranio conflitti" Colui che non riposa la notte, che pensa sia parentesi lunga da affrontare con gli occhi aperti in un continuo esperimento di risveglio, fino a farsi sanguinare i capogiri.

Performance del dolore, abuso di neuroni che s'odono muovere impazziti come lucciole che illuminano le tenebre e si spengono tristi davanti alla luce accecante dell'alba. "prima che sia giunto il momento di nuotare nella pietra / al largo dell'ombra / scolpisciti / con tutto quello che comporta mettere / radici nell'aria / e cranio nel niente / stando conficcati si germina il necessario / l'origine non smette la ferita". Paletti, impalati nel pensiero, questo ricordano molti passaggi di "Incerti Umani", opera della riflessione e dell'atto che è oggetto portante della disamina della sua poetica.

Fiotti di liquido nauseabondo affiorano dalla terra, o come di incanto dalle pietre, e inondano le nostre di riflessioni, inquinandole per sempre, ormai sfatti da ogni possibile bonifica dell'anima. Radici del pensamento, germogli di luce che generano paradossi, idiosincrasie, lotte intestine tra i corpi, ri-pensamenti e vaneggiamenti dove la parola si accoccola beata, conscia del fatto che ha tutto in sé e niente allo stesso tempo. Credo che bastino queste mie poche confuse riflessioni. Questo infatti (non) è uno scritto incerto.

*Oltre al poeta Brancale, nativo di Sant'Arcangelo di Potenza, che da anni vive tra Bologna e Venezia, è lucano anche il critico Inchingoli, che a Torino scrive di cinema, musica e letteratura.