Il ricordo
del presepe "Tursi" di F.S. Di Gregorio
Nel
pomeriggio di domenica 29 dicembre ho deciso di ripercorrere, da solo, alcune
vie del centro storico di Tursi per raggiungere, a piedi, il rione Rabatana,
dove si svolgeva la rappresentazione del "Presepe vivente".
La prima parte che
decido di percorrere è il rione "Catubba", imbocco via Petrarca, via principale
del rione, che inizia con la sede vescovile da un lato e con il fosso Cattedrale
dall'altro. Un flash improvviso, quel tratto è stato percorso per cinque anni
da me e altri giovani che frequentavano l'Istituto tecnico per geometri, allora
sezione staccata del "Loperfido" di Matera. L'istituto era situato in un
edificio moderno in cemento armato nel cuore del rione Catubba, un mostro
architettonico, i bei ricordi di gioventù
offuscano l' obbrobrio che ho davanti, che comunque può essere riutilizzato
per mostre di vario genere inserendolo in un sistema di percorsi ben definiti.
Continuo e sono davanti al palazzo Ginnari, palazzo nobiliare dell'800, che
conserva in parte lesene e stucchi di
scuola napoletana, pur avendo subito notevoli stravolgimenti che ne hanno
deturpato l'aspetto originario. Il piazzale davanti al palazzo è suggestivo,
luogo di giochi e amori, da quel punto si sviluppano le viuzze che portano alle
vicine case contadine e al fosso Cattedrale. Continuo a salire, attraverso via
Toselli e mi immetto nell'omonimo vico. Un vicolo strettissimo, largo poco più
di un metro e lungo 30-40 mt, "u' strittue" di "F'licett a biond e V'cenz
Curcion". Oggi le abitazioni di F'licett e V'cenz sono disabitate e il vicolo
non è più attraversato come sino a pochi decenni fa.
Da vico Toselli attraverso
via Carlo Alberto e raggiungo via Garibaldi, da lì devo arrivare alla
sovrastante via Mazzini. A metà via Garibaldi vi è un altro palazzo nobiliare, quello
della famiglia Capitolo, altro capolavoro architettonico dell'800, con cortile
interno, tipico dell'architettura napoletana del Regno delle due Sicilie. È il
palazzo dove è nato Manlio Capitolo, famoso giurista del primo Novecento, tanto
da essere ricordato nel Palazzo di Giustizia di Venezia e Roma (ne fu
Presidente del Tribunale) con una lapide e un'aula a lui dedicata. A Tursi
davanti al palazzo natio, niente, solo lo stemma di famiglia sul portale di
ingresso con le iniziali D.C. (Domenico Capitolo, il padre) e la data di
realizzazione del palazzo.
Arrivo in via Mazzini, sono alle spalle di un altro
palazzo nobiliare: palazzo Latronico, un maestoso immobile dell' 800 con ampia
corte interna, annessa cappella privata e scalinata centrale che porta al piano
nobile: sono nel cuore del rione San Michele. Sono vicino alla casa natia di
mia madre che è posta proprio sul pizzo di San Michele. Il pizzo un ampio
terrazzo, belvedere, dove si ammirano la parte bassa del centro storico (rioni
San Filippo, Casaino, Vallone, Cattedrale) e i paesi di Rotondella, Colobraro,
la catena montuosa del Pollino e la foce del Sinni; uno spaccato paesaggistico
che toglie il fiato.
Ritorno su via Mazzini e giungo alla chiesa di San Michele
Arcangelo, tra le più antiche chiese di Tursi, risalente al X-XI sec., oggi
restaurata nella parte strutturale ed esterna, ma chiusa. Meriterebbe maggiore
attenzione e studi approfonditi circa le sue origini e i segni templari
rinvenuti nelle immediate vicinanze. Dopo San Michele sono ai piedi della Rabatana,
sono alla base della "p'trizz", la scalinata che porta al rione, che il poeta
Pierro cita nella sua ‘a ravatène.
Percorrendo la p'trizz noto lo splendore del
Piccicarello, del rione Vigliotti e del fosso Cattedrale, sono in Cappadocia
(Turchia) o a Tursi? Sono a Petra in Giordania o a Tursi? È veramente un
paesaggio incantevole. Finalmente arrivo in Rabatana: c'è la rappresentazione del presepe vivente
in atto. Percorro tutto il tragitto della rappresentazione, è tutto bello e ben
curato.
Di tutto il percorso, solo il recupero di immagini, storia,
architettura, paesaggi, odori, amori e
sapori sono rimasti impressi nella
mia memoria, più del pur
affascinante presepe vivente. Decido di
rifare il percorso e scendere di nuovo a piedi, questa volta in compagnia di
tantissimi visitatori non tursitani, che invece di utilizzare la navetta, hanno
deciso di fare il tragitto a piedi anche con i bambini piccoli.
Mi hanno
chiesto se vi erano dei ristoranti o alberghi e in particolare mi hanno posto
domande sui luoghi che stavamo percorrendo perché ammaliati da questa parte del
centro storico, pur non percependo, perché ormai anche buio, quello che a
salire io ho potuto "gustare". La memoria, l‘architettura, i paesaggi, devono
interagire, devono far parte di un sistema turistico ben definito, più vasto
del "campanile", che accresca la nostra
cultura e crei nuovi posti di lavoro.
Francesco
Silvio Di Gregorio, architetto.
|