Rocco Scotellaro, visse la vita politica come un poeta, utilizzò la poesia come strumento di libertà |
giovedì 13 febbraio 2014 | |
Rocco Scotellaro, visse la vita politica come un poeta, utilizzò la poesia come strumento di libertà
Con questi splendidi versi il grande poeta Rocco Scotellaro descrive la magia della bella terra di Lucania, la terra della luce, in quelle distese immense di fili d'erba che tremano nel vento, in quella terra dove sorge il sole. Le sue rime sono facili il suo lessico è contadino. Rocco Scotellaro nasce a Tricarico, 19 aprile 1923, il padre Vincenzo era calzolaio e la madre Francesca Armento una casalinga. All'età di dodici anni si trasferisce con la famiglia a Sicignano degli Alburni per iscriversi al collegio. In seguito si sposta a Cava de' Tirreni, Matera, Roma, Potenza, Trento e Tivoli, dove porta a compimento il percorso di studi classici. Nel 1942 frequenta la Facoltà di Giurisprudenza a Roma, però senza conseguirne la laurea. Gli viene assegnato un posto di istitutore presso Tivoli ma, con la guerra e la morte del padre, avvenuta lo stesso anno, decide di tornare nel suo paese natale. Membro del Comitato di Liberazione cittadino, opera per il rinnovamento della vita politica e democratica nella Basilicata del dopoguerra, conosceva bene il dramma dei contadini lucani, le carenze alimentari e igienico-sanitarie, un caporalato spietato, l'estrema povertà. Scotellaro appartiene orgogliosamente alla società contadina, divideva i suoi pasti e i suoi proventi con chi stava peggio di lui, prestava aiuto ai contadini in maggiore difficoltà. A soli 23 anni viene eletto sindaco di Tricarico, coinvolge il popolo nella vita amministrativa del paese e si impegna per l'apertura dell'ospedale civile di Tricarico avvenuta nel 1947. Visse la vita politica come un poeta, utilizzò la poesia come strumento di libertà. È protagonista appassionato del momento epico dell'occupazione delle terre e della riforma agraria. Nel 1950 è accusato di concussione, truffa e associazione a delinquere dai suoi avversari politici e per questo costretto al carcere per 45 giorni circa, Carlo Levi condusse una campagna a favore dell'innocenza del sindaco-poeta. Scotellaro fu assolto con formula piena per non aver commesso il fatto. A causa di questa vicenda, unita alla delusione scaturita dalla non elezione a livello provinciale, abbandona l'attività politica per dedicarsi maggiormente a quella letteraria, ma non abbandona mai il suo popolo. Si trasferisce a Portici presso l'Osservatorio di Economia Agraria, dove collabora con Manlio Rossi-Doria agli studi per il Piano Regionale di Sviluppo per la Basilicata. Profondo è il suo legame con Carlo Levi, Rocco Mazzarone e il Movimento di Comunità di Adriano Olivetti. Gran parte degli scritti e delle composizioni di Scotellaro furono pubblicate postume. Ha lasciato un «centinaio di liriche che - a giudizio di Eugenio Montale - rimangono le più significative del nostro tempo». Vinse il Premio Viareggio e il Premio San Pellegrino, entrambi nel 1954. Scotellaro fu poeta forte ma anche delicato, fu autore anche di un romanzo "L'uva puttanella", di un'inchiesta "Contadini del sud", un'opera teatrale "Giovani soli" e diversi racconti, raccolti nell'opera "Uno si distrae al bivio". Rocco Scotellaro se ne è andato a soli trent'anni, presagendo la sua fine: "O mio cuore antico, topo solenne che non esci fuori sei giunto alla fine del tuo cammino". Nei suoi occhi neri c'era un' alba viva, c'era il tremolio dell'erba nel vento della sua amata Lucania. Ma era anche fragile come un giglio, non conobbe mai l'amore di una donna vera. Quel cuore che gli ardeva nel petto smise di battere a Portici il 15 dicembre 1953. Morì di notte. Antonella Gallicchio
Sempre nuova è l'alba
Non gridatemi più dentro,
non soffiatemi in cuore |