Quinto Orazio Flacco, poeta universale, tra i maggiori dell'Età antica, maestro elegante e ironico |
mercoledì 23 aprile 2014 | |
Quinto Orazio Flacco, poeta universale, tra i maggiori dell'Età antica, maestro elegante e ironicoLa Lucania è sempre stata terra di poeti che ne hanno cantato l'anima, i colori, i personaggi, i luoghi. La nostra bellissima Lucania, terra di grilli e di luce, è la patria di uno dei maggiori poeti dell'età antica: Quinto Orazio Flacco, maestro elegante ed ironico, che seppe affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo. La vita di Orazio è ricostruibile in maniera sufficientemente facile, attraverso la biografia a lui dedicata da Svetonio e l'opera stessa del poeta, che continuamente ha parlato di sé. Nacque a Venosa l'8 dicembre del 65 a.C., da padre libertinus, come egli stesso dice, e fu educato a Roma, dove ebbe come primo maestro Orbilio; compiuti i vent'anni si recò ad Atene, a completare gli studi retorici, e in Campania, dove venne in contatto con il circolo epicureo di Filodemo, in cui compì l'esperienza filosofica che segnò profondamente la sua vita. Pur avendo presto lasciato la sua terra, custodisce un forte senso di appartenenza ad essa come tutti i Lucani. Poeta universale, riesce a trasmettere sentimenti e valori elevati. Per Orazio la vita deve essere sempre legata alla ricerca di piccole gioie quotidiane che bisogna sempre assaporare lontani dal potere,famoso è il suo motto "carpe diem", vivere di attimi che non torneranno mai più: "Mentre stiamo parlando il tempo invidioso sarà già fuggito. Cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel domani". Quando scoppiò la guerra civile Orazio si arruolò, dopo la morte di Cesare, nell'esercito di Bruto, combatté come tribuno militare nella battaglia di Filippi (42 a.C.), vinta da Ottaviano. Nel 41 a.C. tornò in Italia grazie a un'amnistia e, appresa la notizia della confisca del podere paterno, si mantenne divenendo segretario di un questore. In questo periodo cominciò a scrivere versi, che iniziarono a dargli una certa fama. Nel 38 a.C. venne presentato da Virgilio a Mecenate, stringendo un'amicizia decisiva per la sua vita. Dopo nove mesi, infatti, Mecenate lo ammise nel suo circolo e da allora Orazio si dedicò interamente alla letteratura, non si sposò mai e non ebbe figli. Ma già in tale periodo aveva problemi agli occhi, avendo contratto una congiuntivite. Mecenate gli donò nel un piccolo possedimento in Sabina, le cui rovine sono ancor oggi visitabili nei pressi di Licenza (RM), cosa molto gradita al poeta che non amava la vita cittadina. Tra la Sabina e Roma egli visse poi sempre; e come egli stesso aveva predetto, di fatto non si allontanò dall'amico carissimo neppure nella morte: Mecenate si spense nel settembre dell'8 a.C. e Orazio si sentì perduto, tanto che anche lui mori due mesi dopo, il 27 novembre, forse a causa di un'emorragia cerebrale. Già da 5 o 6 anni, tuttavia, non componeva o pubblicava quasi più nulla, preferendo un completo "otium" di riflessione. Fu sepolto accanto alla tomba dell'amico e protettore, "la metà dell'anima sua", com'egli stesso lo definì. Orazio ha scritto tanto, lasciandoci una grande eredità letteraria, dagli Epodi alle Satire e le Odi, e la sua iniziativa poetica è stata davvero grande. Nei secoli, inoltre, hanno affascinato i lettori soprattutto la complessa e sfuggente personalità del poeta e l'eleganza della sua poesia. Antonella Gallicchio |