Occorre un progetto di gestione del territorio sostenibile, efficace ed efficiente
venerd́ 19 settembre 2014

Occorre un progetto di gestione del territorio sostenibile, efficace ed efficiente

Parto dal titolo di una canzone di Mannarino, "Svegliatevi Italiani", che testualmente dice:  "svegliatevi Italiani (lucani) brava gente, qua la truffa è grossa e congegnata, lavoro intermittente...".

È un leitmotiv attuale, se consideriamo che da noi in Basilicata c'è un altissimo tasso di disoccupazione, gli Enti pubblici sono tutti in deficit (fatta eccezione per i pochi comuni che usufruiscono delle royalties provenienti dall'estrazione del petrolio), molti imprenditori e commercianti chiudono la propria attività e/o avanzano con fatica, i giovani, e non solo essi, emigrano, l'ambiente  e il paesaggio subiscono continue violenze. Insomma, piovono pietre e i lucani sono come piccoli ed esili moscerini messi sotto un bicchiere.

Certo sembra  che la realtà che viviamo non lasci molte speranze. Non è vero, non è senza speranza, su questo non sono assolutamente d'accordo, e parlo del settore a me vicino: l'architettura. Settore che abbraccia una grossa fetta della nostra economia. Il problema, secondo me, è soprattutto di pensiero: proviamo a interrogarci su quale sia il senso della presenza del passato al mondo d'oggi e su come riportare all'attualità il nostro patrimonio artistico, architettonico, ambientale e paesaggistico.

In Italia, in Basilicata, a Tursi spesso (quasi sempre) è mancata chiarezza nell'allocazione delle risorse. Le risorse vanno investite in modo funzionale, ponendo obiettivi concreti e sostenibili, portando a termine scelte tra obiettivi in conflitto: tutelare il patrimonio, valorizzarlo, metterlo a sistema con altre realtà, promuovere l'inclusione sociale, sostenere l'immagine del proprio paese, in pratica incentivare il senso di appartenenza, essere attori e non spettatori, in modo che ogni cittadino possa valutare la corrispondenza degli obiettivi con le proprie aspettative e la classe politica possa valutare, a sua volta, la rispondenza dell'attività delle istituzioni preposte al loro conseguimento.

Gli obiettivi devono essere sostenibili, inseriti in un sistema funzionale, in modo chiaro, misurabile, rendicontabile. Solo riappropriandosi del proprio senso di appartenenza si può invertire la rotta. Che ci voglia l'intervento pubblico è indiscutibile, il problema è come, in quanto i rischi che l'operatore pubblico sia inefficiente lo dimostra lo status quo, allora la sfida è trovare il modo di intervento che sia efficace senza aver paura di coinvolgere il settore privato (il restauro del Colosseo da parte di un grande imprenditore privato insegna).

Personalmente, non sono tra quelli che pensano che il settore pubblico vada smembrato, penso al contrario, che vada potenziato nella sua efficienza, efficacia, economicità ed equità, al fine di consentire il miglior uso delle risorse che noi contribuenti mettiamo a disposizione, è un problema di capacità di rendicontazione. In Italia esistono piccoli comuni che, occupandosi con tenacia di valorizzazione dei beni culturali (dimore storiche, castelli, abbazie, conventi, parchi), non hanno buchi in bilancio. Però esistono anche Soprintendenze che impediscono o quantomeno ritardano per anni la realizzazione di una piccola o grande opera, la ristrutturazione di un edificio storico, il restauro di un monumento o di un altro bene artistico e culturale.

È la paralisi della conservazione, la cautela della tutela, per prudenza, per paura di complicazioni giudiziarie; le Soprintendenze imbrigliano il recupero e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale, paralizzando la modernizzazione e l'assetto urbanistico delle nostre città, bloccando anche progetti innovativi rispettosi dell'ambiente e del paesaggio. Purtroppo bisogna constatare anche che, nonostante il regime vincolistico e burocratico, siamo riusciti a fare scempio del nostro paesaggio storico, naturale e costruito.

Questo perché le leggi di tutela vengono ignorate da gran parte degli operatori sia pubblici che privati e ciò non sempre  per colpa delle Soprintendenze, ma anche di noi cittadini che non sappiamo che il Codice dei Beni Culturali è una legge scritta per tutti. È pur vero, però, che evidenziando le manchevolezze pubbliche e/o private, che è un dovere di legge, scatta un meccanismo paradossale: si diventa "rompiballe", cattivi e il capro espiatorio di problemi non risolti.

Ecco perché un maggior senso di appartenenza da parte di noi cittadini e un  maggior coinvolgimento di risorse private  potrebbe cambiare verso, perché così facendo le Istituzioni sono costrette a rispondere alle nostre istanze, ad essere trasparenti nelle loro risposte e attenti alle aspettative del pubblico. Bisogna avere un progetto di gestione del territorio sostenibile, efficace ed efficiente, che non vuol dire commercializzare un patrimonio (come si fa in Val d'Agri e si vuol fare in altre aree della nostra regione), ma articolare un'offerta capace di attrarre anche altri finanziatori.

Occorre, insomma, creare un ponte emotivo e di appartenenza, offrendo ai turisti, che vengono nel nostro, ancora bellissimo, territorio momenti di piacere sia in termini di accrescimento culturale, sia di diletto.

Arch. Francesco Silvio Di Gregorio