"Friuli, Terra d'elezione" dell'ottantenne poeta Vincenzo Alberto Di Noia
marted́ 01 giugno 2004

Tursi - Quasi un regalo per l’80° compleanno, festeggiato l’8 aprile scorso, del prolifico poeta tursitano Vincenzo Alberto Di Noia. “Friuli Terra d’elezione”, la sua corposa antologia poetica appena pubblicata, di oltre 350 pagine, è uno splendido e a tratti struggente omaggio alla grande Regione di confine, a Udine in particolare, città nella quale risiede con la moglie e dove ha insegnato nella scuola elementare dagli anni Cinquanta al 1990, ma anche un sensibile, onesto e vigoroso tributo al tempo trascorso, alle amicizie nate, alle esperienze vissute, all’aria respirata, al pensiero appagato e alle radici lontane. Sono circa 120 poesie in vernacolo e in lingua, tratte da “Addù c’éte Sammaselle” (1996), “In forma di Versi” (1997), “Frugando nei recessi della memoria” (2000), “Nun uera turné ndrete” (2001), curiosamente riposizionate non in ordine cronologico, ma con l’apertura di “Inediti, Scuola e Amicizia in Friuli”, tutte amorevolmente curate dal fratello Armando Salvatore Di Noia, anch’egli indimenticato maestro elementare della scuola tursitana, da un triennio in pensione, e giovane sindaco della Città di Pierro negli anni Settanta. Nel poeta Di Noia c’è una urgenza creativa che può spiegarsi in parte con il tardivo approdo alla scelta e al rigore del verso, segno inequivocabile di una quietata irruenza interiore raggiunta proprio con l’età avanzata, e in parte con la disciplina della memoria, scandagliata in ogni direzione nella ricostruzione del proprio mondo poetico, immaginifico, reale, ma mai tragico e, anzi, sereno, prospettico, vitale. Fino ad oggi si poteva considerare la sua intrigante produzione anche e soprattutto una fresca e tenera rievocazione giovanile dello sguardo “primigenio”, perciò inizialmente oscillante dall’intimo vernacolo materno, e, inoltre, essa pareva ancorata a una sorta di elaborazione sublimata della lontananza, come mancanza e speranza. L’attuale produzione concreta nella “Terra d’elezione” ne fa esaltare, invece, la pienezza integrata dell’ispirazione, la trasfigurazione dell’esperienza contestualizzata e tutt’altro che legata a meccanismi onirici, in verità solo apparenti. Quasi un sentire appassionatamente virile, sovrapposto al mondo dei ricordi, senza formalismi e astratte ricercatezze, che riconcilia l’uomo e il poeta, la Vita e l’Arte, in colui che è definito il Pierro degli emigranti nativi di Tursi. La poesia come luogo simbolico e mitico, dunque, al pari anche del… cimitero, da tutti prima o poi visitabile: “C’éte nu post / addù ci stèi o ci ha ‘nète / ca parete ammuccète / ma addù tu pose i’ / ogni vòte ca vo / e tutt’ll’ate com’attì / ca ci vène.” (C’è un luogo / dove ci stai o ci sei nato / che sembra nascosto, / ma dove tu puoi andare / ogni volta che vuoi, / e tutti gli altri come te / che ci vanno.)”. Ma anche come (auto)ritratto senza fine, con la certezza del suo approssimarsi alla Verità.

Salvatore Verde