Il caso Moro e la profezia di
Calvino
La
giornata delle vittime del terrorismo, recentemente celebrata, si assorbe al
pari di altri avvenimenti, travolta dai cicloni scandalistici pressoché
settimanali. Trentadue anni dal ritrovamento del corpo senza vita di Aldo Moro,
dopo 55 giorni dalla strage di Via Fani e la successiva prigionia: da marzo a
maggio di quel 1978, il culmine di una terribile ferita mai rimarginata.
La storia,
ma anche la letteratura e il cinema hanno cercato di affrontare quella
pagina fra
le più enigmatiche e oscure del Novecento. Merita menzione il film che
un
idealista Marco Bellocchio ha lanciato più come provocazione alla Storia
che
alla ricerca della verità. Con "Buongiorno notte" nel 2003 commosse il
mondo
alla Mostra di Venezia, con un immenso Roberto Herlitzka nei panni del
presidente DC.
Un senso
di irrisolutezza e di antiche lacerazioni si ripropongono anniversario
dopo
anniversario, confrontandosi con la mancanza di documenti storici
relativi alla
prigionia, generando così una "ipertrofia di narrazioni". Si compie
quella che
viene definita dagli storici la "profezia" avverata di Italo Calvino, il
quale
definiva gli accadimenti una immane tragedia del potere. In quel lontano
maggio, lo scrittore pubblicava un articolo inflessibile già dal titolo
"Le
cose mai uscite da quella prigione", nel quale cercava di evidenziare il
problema del rapporto fra lo statista i carcerieri, di cui la Storia
deve
purtroppo fare a meno.
Scriveva
Calvino: "La mia immaginazione si sforzava senza riuscirvi di
rappresentarsi i
dialoghi non solo nei contenuti ma nelle frasi parola per parola, il
tono delle
voci, le possibilità dell'uso del discorso nel cuore del terrore. E
insieme
sentivo la certezza desolata che quei dialoghi non si sarebbero mai più
potuti
ricostruire, che erano perduti per sempre, più di quelli di Cesare, di
Bruto e
di Antonio perché i carnefici non raccontano mai nulla e Moro non
sarebbe più
tornato".
La
fine di Moro (che invece Bellocchio nel suo film farà uscire dalla
prigionia
trasognante e sereno) porta con sé l'impossibilità di raccontare quella
storia
con gli strumenti oggettivi del realismo, ingenerando quel che
descriveva
Calvino come "una certezza desolata".
Ricordi
e celebrazione, nuovi libri sulla tragedia freschi di stampa, qualche
commento e servizi tv. Per un altro anno può
anche scendere l'oblio, "buongiorno notte".
Armando
Lostaglio
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