La vetustà di Totti, la giovinezza di Fruttero
Probabilmente
non si sarà nemmeno reso conto, ma in quel gesto offensivo verso l'avversario, manipolatore ed
emulatore, il calciatore Totti, dopo la
partita vinta contro la "nemica" Lazio, esprime il senso gladiatorio, proprio
delle arene. La semiologia ci aiuterebbe a giustificarlo se fossimo due
millenni fa, ma oggi diventa solo l'emblema di incitamento verso le folle, un
contributo in più alla follia e alla violenza, come poi di fatto la cronaca ci
ha raccontato, all'uscita dallo stadio.
Episodi
di violenza che Paesi ben più
civili del nostro (evitiamo il solito elenco vista la incolmabile
distanza) non
hanno mai avuto o li hanno deprecati ed isolati da decenni. E invece da
noi,
quel campione di visibilità, meno ormai che di abilità, invidiato più
per i
soldi e la pubblicità con la moglie che si espone in televisione,
diventa
immagine di ammirazione, anche se non sa esprimere due parole in
corretto
italiano. L'adorazione del divo offre al personaggio sicumera,
l'ostentazione
di grande sicurezza di se, con la grandezza psicologica
del proprio corpo. Ebbene, la nostra
grandezza fisica è nota ed intuitiva, meno ovvio e intuitivo è il
concetto di
dimensione psicologica della quale occorre essere consapevoli per
posizionarci
correttamente rispetto agli altri. Ma entriamo in un campo troppo
impegnativo
per uno che ha trovato la fortuna nei suoi piedi, e la gestisce al
meglio in
un'epoca di decadenza. Abbiamo scomodato per Totti la prossemica,
disciplina che
studia (in semiologia) il significato che lo spazio assume nel
comportamento
sociale dell'uomo.
Ce ne scusiamo, ma la televisione di questi ultimi
giorni ce
ne ha offerto spunti, dando in pasto la gestualità di Totti ed un'altra
ancor
più "eroica" del giovane calciatore Balotelli, che, arrabbiato dopo una
eroica
partita (quella si da parte della sua squadra) scaraventa a terra la
maglia,
ovvero l'appartenenza, ovvero lo spirito sportivo, ovvero la sua
fortuna. Anche
qui vi è una prossemica che non pretendiamo che un giovane debba aver
mai
potuto conoscere. Da scene di vetustà offerte da giovani in vista, a
scene di
giovinezza autentica: quelle offerte da un ottantenne che scrive
meravigliosamente e si esprime non di meno, manifestando un linguaggio
del
corpo da far tenerezza. E' Carlo Fruttero ospite da Fazio a "Che tempo
che fa",
un esempio di chiarezza e di bellezza senza tempo. Parla del suo ultimo
libro
dal titolo apparentemente provocante "Mutandine di chiffon", e in
diretta canta
l'omonima canzone (di quasi un secolo fa) con la tenerezza che non
allude né a
malizia né a struggimenti, ma solo alla bellezza della vita. Dice che
"si tiene
lontano dai gestori della verità", con l'ideale a questa età di non
avere più
opinioni. Una volta gli è capitato di vedere un pezzo dell'isola dei
famosi in
televisione ed ha pensato che "con quel pubblico siamo al capolinea di
una
civiltà."
Carlo
Fruttero,
che ha deliziato per decenni in coppia con lo scomparso Franco
Lucentini, ci racconta con floridezza la vita e i suoi "disguidi" come
definisce la vecchiaia. Eppure insegna poesia e valori, libertà
espressiva e
pure il rispetto verso gli altri.
Armando
Lostaglio (CineClub "V. De Sica" Cinit)
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