Durante l’Antichità e prima dell’arrivo dei Romani in Lucania (IV-III sec. a.C.), il territorio della nostra regione era già attraversato da un fitto sistema di percorsi interni utilizzati dalle popolazioni locali, sia per scopi commerciali o militari che per la transumanza delle greggi (Bianco, p. 359; Tagliente, p. 125; per il territorio sud orientale della regione: Buck, 1975). Il consolidamento della presenza romana nel quadro regionale lucano comportò, insieme al parziale mantenimento di percorsi già preesistenti, la creazione di nuovi tracciati viari, funzionali soprattutto alla fondazione di città come la colonia di Grumentum, costruita ex novo durante il terzo secolo a.C. e vero e proprio centro nevralgico della Lucania romana. La nuova città, situata nell’alta valle dell’Agri a ottanta chilometri dalla costa ionica, allacciò ben presto rapporti di interscambio con i pochi altri centri urbani della regione tra i quali va senza dubbio annoverata Heraclea, l’odierna Policoro. Sia il rinvenimento di monete bronzee e matrici di statuine di provenienza eracliota a Grumentum che i resti di un ponte sul fiume Maglia ad est dell’abitato confermano questo legame (Giardino, 1982, pp. 164-165; 1983, p. 217). Un tale scambio ebbe dunque modo di concretizzarsi anche e soprattutto grazie all’esistenza di un asse di comunicazione terrestre tra i due centri. E’ in questo contesto che il territorio di Tursi, attraversato in tutta la sua lunghezza dalla via di collegamento tra Grumentum ed Heraclea, entra nel vivo del discorso riguardante il sistema viario lucano in epoca romana. Dopo aver abbandonato il centro di Grumentum in direzione sud-est, la strada attraversava infatti il territorio di Spinoso, San Martino D’Agri, Roccanova, Santarcangelo, Tursi, per concludere infine il suo tragitto ad Heraclea (Buck, 1971, p. 85 e figg. 7A e 7B; Small, 1999, fig.1, p. 561). Volendo ora analizzare più da vicino il tratto stradale tursitano, dobbiamo innanzitutto rimarcare che le profonde trasformazioni subite dal territorio nel corso dei secoli, unitamente alle cartine a scala molto piccola pubblicate dagli studiosi, non consentono di individuare con esattezza il percorso e soprattutto la parte più interna fino all’altezza di Ponte Masone sfugge in larga parte ad una identificazione precisa. Possiamo comunque sostenere con un buon grado di approssimazione che la strada, una volta abbandonato il territorio di Santarcangelo, puntava verso la costa ionica inerpicandosi sulle creste collinari poste a sud dell’Agri, ad una certa distanza dal corso d’acqua. Una volta raggiunto da settentrione il monte Pisone si offrono due possibilità ben distinte ed egualmente plausibili. La prima prevederebbe un percorso Cozzo Monachelle-Cozzo Tarantino-masseria Labriola-masseria Murata -Ponte Masone, lungo il tracciato di un vecchio tratturo che lambisce alcuni siti archeologici, uno dei quali anche di epoca romana (si tratta della Murata: Bruno, p. 34). La seconda, dal percorso più lineare, passerebbe nei pressi delle località Serre-Cozzo S. Rocco, attraversando l’attuale Rabatana per poi scendere verso valle attraversando San Michele, Santi Quaranta e Ponte Masone: si tratta in questo caso dell’asse viario antico già individuato dal Quilici ( p. 204 e figg. 411-412 ). Volendo sorvolare sui grossi interrogativi storici, cronologici e topografici posti da questa seconda alternativa, rimarchiamo soltanto che Ponte Masone costituisce, nel primo come nel secondo caso, il punto di approdo certo del tratto stradale esaminato. In questo luogo la strada Grumentum – Heraclea si intersecava con un importante asse di comunicazione che tagliava il territorio tursitano in direzione sud-nord (Sinni-Agri: strada destinata a perdurare per tutta l’epoca medievale e oltre), per poi inoltrarsi nei terreni argillosi fino alla località Croce di Anglona. Da qui il suo percorso proseguiva in direzione di Anglona seguendo il crinale che divide l’Agri dal Sinni. A partire da Anglona, altro sito senza dubbio abitato in epoca romana sia repubblicana che imperiale, la strada raggiungeva Heraclea dopo aver attraversato la località Conca D’oro. Pur essendo stato individuato da qualche tempo, l’asse Grumentum-Heraclea non era stato mai considerato dagli studiosi come una vera e propria via publica, adottata e dunque mantenuta e pavimentata a spese dello stato romano, ma più semplicemente come un tratto stradale secondario di collegamento (ad es. Quilici, p. 197), per giunta nemmeno evidenziato dalle poche fonti cartografiche romane sopravvissute fino ai nostri giorni. Il quadro storiografico mutò completamente nel 1971 quando Robert BUCK, un archeologo canadese, diede alle stampe un articolo frutto di studi approfonditi compiuti sul territorio lucano. In quella pubblicazione lo studioso propose di identificare il tracciato Grumentum-Heraclea come il prolungamento orientale della Via Herculia, una strada romana ben attestata e presa in consegna dallo stato a partire dall’epoca di Diocleziano e di Massimiano (284-286 – 305 d.C.), che raggiungeva Grumentum dopo aver attraversato Venosa, Potenza e le alte montagne poste tra le valli del Basento e dell’Agri. Prima della pubblicazione dello studio citato era unanime la convinzione che la Via Herculia proseguisse il suo percorso da Grumentum in direzione del versante tirrenico dove avveniva il suo congiungimento con la Capua-Reggio (Lugli, 1963, p. 34). Pur se accettata da molti, la tesi di Buck non ha però convinto la totalità della comunità scientifica: è stato rimarcato che nessuna pietra miliare è stata rinvenuta nel tratto compreso tra Grumentum ed Heraclea e che la completa decadenza del centro ionico in età tardoantica, ampiamente attestata dall’archeologia, mal si sarebbe accordata con la contemporanea adozione della strada da parte dello stato romano (Giardino, 1982, p. 165; 1983, p. 215; 1985, p. 118). In margine ad un dibattito che, mancando elementi definitivi, non si è ancora concluso, ci limiteremo ad evidenziare che le due ipotesi continuano a convivere nella storiografia più recente (Russi, 1995, p. 103, nota 94 a favore dell’interpretazione “tradizionale”; Small, 1999, p. 560 e fig. 1 adotta invece la tesi di Buck). Sembrano infine piuttosto chiare le tracce documentarie che testimonierebbero a favore di una certa continuità d’uso del tracciato Grumentum-Heraclea in epoca medievale, argomento sul quale contiamo di ritornare in futuro. Gianluca Cappucci Bibliografia: Bianco, Gli Enotri delle vallate dell’Agri e del Sinni tra VII e V secolo a.C., in Adamesteanu (a cura di), “Storia della Basilicata”. I. L’Antichità.Bruno, Storia di Tursi, 1989. Buck, The Via Herculia,“ Papers of the British School at Rome”, XXXIX (1971), pp. 66-87; The ancient roads of southeastern lucania, PBSR, XLIII (1975), pp. 98-117. Giardino, Metaponto Tardo - Imperiale e Turiostu: proposta di identificazione in margine ad un miliarium di Giuliano l’Apostata, in “Studi di Antichità” 3, 1982, pp. 195-217; La viabilità nel territorio di Grumentum in età repubblicana ed imperiale, in “ Studi in onore di Dinu Adamesteanu “, 1983, pp. 155-173; Le valli dell’Agri e del Sinni in età romana (III sec. a.C.-V sec. d.C.), in “ Il Museo Nazionale della Siritide di Policoro “, 1985, pp. 113-118. Lugli, Il sistema stradale della Magna Grecia, in “Atti del II convegno di studi sulla Magna Grecia “, 1963. Noyé, Villes, économie et société dans la province du Bruttium - Lucanie du IVe au VII siècle, in Francovich e Noyé (a cura di),“ La storia dell’alto medioevo italiano alla luce dell’archeologia” , 1994, pp. 693-733. Quilici , Forma Italiae. Regio III. Siris - Heraclea.Russi, La Lucania Romana, 1995. Small, L’occupazione del territorio in età romana, in Adamesteanu (a cura di), “ Storia della Basilicata” . I. L’Antichità, Laterza, 1999, pp. 559-600. Tagliente, Bianco, Russo, Il sistema di viabilità antico in Basilicata, in “Viae Publicae Romanae”, 1991, pp. 125-136. (G.C.)
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