Le pregevoli perle del prode LOSTAGLIO
E' Galan il nuovo ministro
della Cultura
Si chiama Giancarlo Galan il nuovo ministro per i beni e le attività culturali
di questo paese. Non ha fatto in tempo a prendere possesso della sua nuova
onerosa poltrona (già ministro dell'agricoltura e prima ancora governatore
della regione Veneto) che ha pensato bene di affermare che i fondi alla cultura vanno oltremodo razionalizzati: troppi due
festival di cinema, solo Venezia ed abolire quello di Roma.
Anziché aggiungere
si toglie, anziché aumentare l'offerta nella nazione più ambita e bramosa di
cultura, si toglie e si taglia. Ma Galan sarà mai stato ad una mostra di
cinema? Avrà mai assistito alla proiezione di un film con l'attenzione che
merita un'opera d'arte? E questo solo i festival, le mostre e le rassegne
mirate ne offrono
l'opportunità laddove il cinema sappia guardare alla realtà, la sappia leggere
e magari proiettarla nel futuro. Come fa da sempre la Mostra di Venezia (la più
antica) e da qualche anno quella di Roma, come fa Berlino e Rotterdam.
E come
fa il festival di Cannes: leggere la realtà, consentire ai sogni le proprie utopie. Qualche notte fa, Rai3 ha
riproposto quelle autentiche lezioni di buona televisione curate dal rimpianto
Beniamino Placido: "Serata
Orwell" (anni '70) ha affrontato il tema del Grande-fratello" oggetto di
"1984" capolavoro dello scrittore britannico, Orwell. Ebbene, in questo spazio
di pura accademia, Placido ha trovato utile inserire anche il cinema, quello
che lascia il segno. Ha trattato, con scrittori ed intellettuali, il tema di futuri imprevedibili ed in particolare del dramma
nucleare, oggi di stringente attualità. Ed ha trasmesso alcuni passaggi
dal film del maestro francese Alain Resnais "Hiroshima mon amour", su
sceneggiatura di Marguerite Duras, autrice dell'omonimo romanzo. Il film è
stato presentato al festival di Cannes nel 1959, e, nel 1961 candidato
all'Oscar. Siamo in epoca di Guerra fredda e, dopo la bomba atomica, la
tematica pacifista del film rimane centrale. N
ell'opera di Resnais, la condanna
della guerra e delle disuguaglianze tra i popoli rimane sullo sfondo della
storia d'amore dei due protagonisti. Un film drammaticamente lungimirante per
la contingenza rispetto a quanto sta accadendo (ancora una volta) in Giappone,
con la tragedia nucleare. Un Cinema che sa guardare lontano, dunque, grazie a festival
e mostre dove proporre un caleidoscopio sul mondo e riprodurne gli effetti.
Questo il neoministro dovrebbe saper riconoscere, assimilandone la lezione.
Leggere il mondo grazie ad una più
impegnata azione culturale, tralasciando gli interessi di bottega, perché la Cultura,
in questo paese, vada oltre un qualsiasi manuale Cencelli.
Armando Lostaglio
Pilota di guerra
"Risulta peraltro evidente, anche nel clima della distensione, che un eventuale
attacco ai Paesi Arabi vede l'Italia in prima posizione..." Così cantava nel
lontano 1976 Francesco De Gregori, lungimirante come sanno essere i poeti. La
canzone è "Disastro aereo sul Canale di Sicilia" (nell'album Buffalo Bill), una
canzone che odora di premonizione rispetto a quanto si assiste con trepidazione
in questi giorni, nei quali soffia un vento di guerra, di sbarchi sulle nostre
coste, mentre "... la fabbrica di vedove volava, sola, come un uccello da
rapina. Il mare una tavola azzurra ormai, l'Africa era già più vicina". Venti
di guerra, di bombardamenti, di sottaciute posizioni da parte dei "signori
della guerra" (espressione cara a Bob Dylan), mentre al comune viandante gli
tocca soltanto assistere o leggere i notiziari, cercando di carpire il più possibile
in quella confusione senza limite: "E tutti sanno tutto dell'inizio, ma nessuno
può parlare della fine..." sempre De Gregori.
Ci saranno notizie migliori che
giungano dalla Libia, notizie di trattative, di petrodollari che mettano tutti
d'accordo. Ci saranno, lo auspichiamo, movimenti di pacifisti che siano fuori
dalle moine del caso, e si possano salvare quante più vite possibile; si
evitino pacifisti di sinistra e neopacifisti di destra, in questa nazione nella
quale le posizioni si fondono e si confondono, in assenza totale di uomini di
Stato. Intanto il pilota di guerra continua a volare sui cieli del Mediterraneo,
ed un'altra canzone di De Gregori ci coglie nella sua essenza: "Pilota di
guerra" (l'album è Terra di nessuno del 1987). E' qui che il poeta coglie la
sua solitudine, il suo disagio esistenziale "...E a cosa serve un uomo lo so solo
io, che spargo sale sopra le ferite delle città. E come a un grande amore gli
dico addio, e a cosa serve un uomo lo sa solo Dio."
Di guerra hanno scritto i
più grandi scrittori, pensiamo alla lontana unificazione dell'Italia e ad un
cronista speciale come Edmondo De Amicis. Ma la guerra moderna usa ben altri
canoni, altri codici cui difficilmente avremmo accesso. Non ci resta che
affidarsi alla buona sorte, che smettano di bombardare, guardando un'ultima
volta a quel pilota: "Così la vita vola sotto le ali, e passa un'altra notte su
questa guerra, e sulle case degli uomini tutti uguali, nel grande orfanotrofio
della terra."
Armando Lostaglio
Unità ed
irrisione
C'è chi si
emozione alle note dell'Inno di Mameli e chi invece le irride: si va al bar
anziché onorare l'istituzione. Lo ha pensato e fatto il giovane Bossi,
consigliere regionale in Lombardia, che, col manipolo di servili seguaci, mette
in mostra il proprio disprezzo, irridendo la bandiera, l'Unità nazionale e il
suo 150° anniversario. Una notizia che non meritava neppure di essere notizia,
stigmatizzata ed irrisa a sua volta, ma che siamo costretti a leggere, a
guardare nei tg, col disprezzo e l'impossibilità di poter reagire, quasi a mo'
di ceffoni come si farebbe con l'indisponente o l'idiota di turno.
Ma non
possiamo farlo, siamo distanti anni luce dalle sua posizione (anche fisica) di
privilegio, lui poco più di un ritardato che siede sulle poltrone più alte
della Regione fra le più evolute d'Europa, la Lombardia, figlio d'arte
(di Bossi, guarda un po') pronto a vantarsene, consapevole di essere senz'arte
né parte; e noi qui, da tutt'altra sponda a biasimarne le gesta non potendo far
altro che indignarsi. Ma non basta: nessuno che gli dice di rifiutare, insieme
alla bandiera nazionale anche il lauto stipendio che questa nazione gli
devolve, incautamente e per grazia ricevuta. Nessun Formigoni (suo presidente
di Giunta) che glielo dica pur in un orecchio, facendolo rinsavire e facendogli
capire se ci riesce di quanti giovani alla sua stessa età, con intelligenza e
studi ben superiori, sono disoccupati o al meglio guadagnano in un anno quanto
lui percepisce in un mese.
Nessuno che glielo dica, men che mai suo padre. In
mano a chi è finita questa Nazione. Scrive bene Marc Lazar, quando sostiene che
"in questo 2011, la difficile celebrazione del 150° anniversario non
rappresenta una anomalia, ma solo un caso particolare, nel contesto di una
generale incertezza". Incertezza, oppure la volontà pianificata di disgregare a
vantaggio dei soli idioti?
Armando
Lostaglio
I
titoli di coda
I titoli di coda sono comparsi da un pezzo sullo schermo. La comica finale si
chiude in una risata, quella stessa che li seppellirà, si spera. Ma quando?
Adesso, nel clamore di un voto prossimo venturo. Gli epigoni dei parlamentari
degli scranni più alti si stanno mobilitando, per raccogliere voti
raccontandoci che è tempo di cambiare, che ci sono facce nuove da apprezzare,
che tutto cambierà perché magari tutto resti come prima. Dove saranno la
coerenza, l'appartenenza ideale: le avranno rinchiuse in qualche vecchio baule
da soffitta.
Si accaniranno anche da queste parti a caccia dell'ultimo voto.
Mentre lassù, nel parlamento alto la comica finale ci divora, pesa come un
macigno la loro presenza che invade i piccoli schermi ad ogni ora del giorno, mentre
il loro destino è scritto nel proprio nome pur non anagrammandolo: la russa
come la rissa, ministri della difesa e dell'offesa al tempo stesso, "fuori
dalle palle" esclamate da ministri che non meritano il tricolore; il
parlamentare che offende la portatrice di handicap sua collega; gestacci da
carrettieri. Tutto un inventario che in poche ore distraggono e fanno ridere
come si fa nei teatrini di periferia. Neanche il Bagaglino, neanche la più
becera rappresentazione del sudiciume involontario. Assistiamo inermi, come
sempre, una volta di più.
Assistiamo alla comica finale. La tragedia di un uomo
ridicolo (titolo del film di Bertolucci), e Opinioni di un clown (romanzo dello
scrittore tedesco Boll) meglio ci offrono la sequela di disperazione che
avvolge lo spettatore inerte di fronte al loro dramma. Ma il clown è forse
dentro di noi, che aderiamo del tutto impassibili e ci divertiamo plaudenti
alle loro fandonie. Potremo pure scrivere in un futuro lontano "le memorie di
un pagliaccio", con la stessa tenerezza di Fellini. Malgrado tutto, un grande
irripetibile politico come Giorgio La Pira, ci ricorda che "Le stagioni non le
fa il contadino: vengono, e lui le aiuta. Si orientano tutte verso l'estate,
verso i giorni della
maturazione. Così fa la storia." Siamo ad aprile e si deve attendere la
maturazione dell'estate. Ma fino ad allora i giochi nel circo saranno già
fatti. Si sarà già votato, anche in questo remoto angolo di mondo dove viviamo.
Armando Lostaglio
"Lavoro,
casa e scuola a chi vieni in Italia"
"Bisogna dire che gli italiani sono stati un popolo che è emigrato che ha lasciato
l'Italia ed è emigrato in altri paesi, specie in America. Ciò ci impone il
dovere di guardare quanti vogliono venire in Italia con una totale apertura di
cuore e di dare a coloro che vengono in Italia la possibilità di un lavoro, di una casa, di una scuola per i figli e la
possibilità di un benessere che significa anche la salute e l'apertura di tutti
i nostri ospedali alle loro necessità.
E questa è la politica del mio governo".
Direte "queste sono le parole del solito comunistello" ... invece è
proprio qui che sbagliate! A pronunciare la seguente frase è stato Silvio Berlusconi
appena due anni fa (27 agosto 2009) ospite del programma Ness Nessma, sulla tv
Tunisina Nessma TV, <http://it.wikipedia.org/wiki/Nessma_Tv>
di proprietà dello stesso Berlusconi (tramite Mediaset) e di <http://it.wikipedia.org/wiki/Tarak_Ben_Ammar>
Tarak Ben Ammar (tramite la società Quinta Comunications ) al 25% ciascuno ... nell'affare entrò qualche tempo
dopo anche il dittatore Libico Mu'ammar Gheddafi, che acquistò una percentuale
del 10% della società di proprietà di Tarak Ben Ammar ... Capite perché i
tunisini vengono in massa qui e....poi ci sono rimasti male...
Francesco degni
www.laltraitalia.net
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