Nazim Hikmet, grande poeta turco, tradotto
in tutto il mondo, Premio Nobel per la Pace nel 1950. La sua scrittura è
semplice, profonda, capace di arrivare dritta al cuore e di colpire l'anima
inesorabilmente
«Il più bello
dei mari è quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto. Il più belli dei nostri giorni non li abbiamo
ancora vissuti. E quello che vorrei dirti di più bello non te l'ho
ancora detto».
L'autore di questi splendidi versi è Nazim Hikmet, poeta della Turchia, per l'anagrafe nato a Salonicco
il 20 novembre 1902, in
realtà dell'anno prima.
La sua scrittura è semplice, profonda, capace di
arrivare dritta al cuore e di colpire l'anima inesorabilmente. Il padre Nazim Hikmet Bey è un funzionario di
Stato, la madre, Aisha Dshalia, una
pittrice. Studia prima francese ad Istanbul, poi si iscrive all'Accademia della
Marina militare, ma è costretto ad abbandonarla per problemi di salute.
Comincia a fare il poeta a soli quattordici anni, introducendo per la prima volta
il verso libero nella lingua poetica turca.
La passione per la poesia gli viene
trasmessa dal nonno paterno, che, oltre che pascià e governatore di varie
province, è anche scrittore e poeta in lingua ottomana. Durante la guerra di
indipendenza in Anatolia si iscrive al partito comunista e inizia la
carriera di insegnante nella Turchia orientale.
Nel 1922 purtroppo viene
condannato per marxismo
e sceglie l'esilio volontario in Russia. Gli è infatti impossibile rimanere in
patria, dove è oggetto di una forte ostilità a causa della sua pubblica
denuncia dei massacri avvenuti in Armenia nel periodo 1915-1922. Grazie agli
studi universitari, viene in contatto con i grandi poeti e scrittori russi e
riesce persino a conoscere uno dei suoi maestri, il poeta Majakowsky.
In questa fase della sua vita nascono versi di rara
bellezza : "Amo in te l'avventura della nave che va verso il polo, amo in
te l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte, amo in te le cose lontane, amo
in te l'impossibile, entro nei tuoi occhi come in un bosco pieno di sole e
sudato affamato infuriato, ho la passione del cacciatore per mordere nella tua
carne. Amo in te l'impossibile, ma non la disperazione". In Russia si sposa, ma il suo matrimonio viene
dichiarato illegale a seguito del suo ritorno in Turchia, nel 1928. Qui per
futili motivi viene arrestato e trascorrerà cinque anni in carcere, dove
scriverà cinque raccolte di versi e quattro poemi.
Nel 1938 Hikmet viene
arrestato nuovamente con l'accusa di aver incitato la marina turca alla rivolta con le sue poesie. Sembra, infatti, che
i marinai amino leggere il suo poema "L'epopea di Sherok Bedrettini",
che racconta della rivolta dei contadini contro l'impero ottomano nel 1500. La
condanna è durissima: ben ventotto anni di carcere. Rimane in prigione per
quattordici lunghi anni, durante i quali scrive le sue poesie più
significative.
I libri di Nazim Hikmet vengono tradotti in tutto il mondo e la
sua fama di poeta cresce ovunque tranne che in patria, dove, come dovrà
ammettere lui stesso con rammarico, le sue poesie non vedranno mai la luce
nella loro lingua originale. Nel 1949 tentano per ben due volte di assassinarlo
quindi è costretto nuovamente a fuggire a Mosca. In contrasto con gli atti
persecutori in Turchia, ci sono i riconoscimenti internazionali come il Nobel
per la pace nel 1950.
La sua ultima fuga all'estero avviene su una barca
sorpresa dalla tormenta, ma viene salvato da una nave, mentre il governo Turco
gli toglie la cittadinanza. È la Polonia a conferirgli una nuova cittadinanza,
grazie all'esistenza di un vecchio progenitore. Nazim Hikmet muore a causa di
una crisi cardiaca il 3 giugno del 1963.
Nel 2002, nel centenario della sua
nascita, il governo turco, grazie ad una petizione firmata da oltre mezzo
milione di cittadini, gli ha finalmente restituito la cittadinanza toltagli nel
1951.
ANTONELLA GALLICCHIO
PRIMA DI TUTTO L'UOMO
Non vivere su questa terra
come un estraneo
e come un vagabondo sognatore.
Vivi in questo mondo
come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare,
ma prima di tutto credi all'uomo.
Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l'uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca,
dell'astro che si spegne,
dell'animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell'uomo.
Ti diano gioia
tutti i beni della terra:
l'ombra e la luce ti diano gioia,
le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani,
ti dia gioia l'uomo!
HIKMET
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