Era uno di quei pomeriggi di novembre, uno di quelli piovosi e bui. Ero a letto e non so perché, ad un certo punto, decisi di uscire di casa. Fuori il tempo era peggiore di quello che avevo immaginato. Uscita dal portone cominciai a camminare per raggiungere la fermata di quel tram che mi avrebbe portata nel centro cittadino. In qualche minuto mi ritrovai ad aspettare completamente sola in quel freddo pomeriggio autunnale. Mi misi a pensare e – se l’avessi rivisto? – e già il cuore mi batteva forte al sol pensiero. L’avevo incontrato il giorno precedente in treno mentre rincasavo dopo una giornata di lavoro; in quei giorni lavoravo fuori città: uscivo molto presto al mattino e rincasavo molto tardi la sera. Mi aveva colpito la sua voglia di vivere; avevamo parlato tutto il tempo del viaggio come si parla tra amici di sempre; come se ci fossimo conosciuti tanti anni prima.
Mi aveva raccontato della sua vita con minuzia di particolari, di come passava il tempo, di come aveva girato il mondo e di quello che aveva visto. Rimasi subito colpita dal suo modo di fare e, soprattutto, di essere: era bello, alto, ben fatto, intelligente, perspicace.
Arrivò un autobus; tutta presa dai miei pensieri, salii e non guardai neppure. Ad un certo punto mi resi conto che il mezzo sul quale mi trovavo non stava percorrendo la strada che faceva di solito. E così mi accorsi che stavo andando in direzione completamente opposta alla mia.
Decisi di scendere alla fermata successiva. Una volta fuori cominciai a camminare e, siccome faceva molto freddo, mi risolsi di entrare in un bar che avevo trovato lungo la strada, per bere una tazza di tè caldo. Mentre ordinavo, scorsi in uno degli angoli di quella piccola stanza, seduta ad uno dei tre tavolini, una figura che assomigliava proprio al mio uomo del mistero.
Non credevo ai miei occhi e non riuscivo a pensare a niente se non all’errore che avevo commesso nell’aver preso l’autobus sbagliato e che, ora, mi aveva permesso di rivederlo. In quei pochi minuti che passarono, non ricordo esattamente quello che feci, so solo che non avevo avuto il coraggio di avvicinarmi. Finalmente, lui mi riconobbe e con un gesto familiare e amichevole mi indicò la sedia al suo fianco. Era l’occasione che aspettavo; non me lo feci dire due volte. Mi sedetti e cominciammo a parlare. Non era cambiato niente dal giorno precedente. Aveva sempre lo stesso fascino.
Fui così presa da lui che non mi accorsi che stava diventando tardi: erano già passate le otto quando guardai l’orologio. Decisi di rincasare. Mi accompagnò e quando fummo arrivati mi salutò cordialmente e se ne andò. Sola nel mio letto pensai che non l’avrei potuto rintracciare senza il suo numero di telefono. Dopo mille pensieri convenni che forse avrei avuto ancora fortuna a ritrovarlo come era già successo quel pomeriggio. E fu così; lo rincontrai e poi lo rividi ancora una volta, due, cento, mille volte. Eravamo diventati inseparabili.
Da allora sono passati più di cinquant’anni, sempre insieme; abbiamo avuto tre figli e poi cinque nipoti. Siamo invecchiati, forse vivremo ancora molti altri anni, senza separarci mai. Ripenso spesso a quel treno che ci ha fatto conoscere e a quell’autobus che ci ha fatto rincontrare e, ogni volta che vedo il numero di quell’autobus, penso a come sarebbe stata vuota la mia vita senza di lui, alle mille difficoltà che abbiamo superato insieme a alla felicità che solo con lui ho potuto condividere.
Anna Maria Libone
Il racconto è pubblicato e consultabile sul sito internet www.ataf.net, l’Azienda di trasporto pubblico dell’area fiorentina, che ringraziamo molto. L’Ataf è promotrice del concorso letterario “Parole in corsa” (racconti in lingua italiana e a tema libero, lunghi al massimo 90 righe) con l’intento di cercare nuovi scrittori tra i viaggiatori che ogni giorno utilizzano l’autobus. Oltre la cinquina dei finalisti, che partecipano di diritto alla selezione del concorso nazionale “Parole in corsa - viaggiare è scrivere, scrivere è viaggiare”, la giuria presieduta dal prof. Giuseppe NICOLETTI ha ritenuto meritevoli di pubblicazione on-line sul sito altri venti racconti, segnalati per le caratteristiche di originalità, la facilità di espressione o la freschezza del testo.
A. M. LIBONE, 26 anni, è laureanda in Media e Giornalismo presso la Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” dell’Università degli Studi di Firenze, dove si è iscritta nel 2001. Ha conseguito la Laurea di Primo livello in Giornalismo, dopo aver studiato all’Itcgt “Manlio Capitolo” di Tursi, ottima allieva con il diploma di Ragioniere e Perito Commerciale, quando la poesia era un diletto. Da diversi anni è (stata) impiegata a tempo determinato nella stessa università, facendo pure la cassiera presso Mc Donald’s. Significativi alcuni attestati culturali di frequenza a corsi in Italia e all’Estero, con la partecipazione alla trasmissione televisiva “Diretta studio TV” dell’emittente fiorentina “Tele 37”. Ha appena debuttato come fotografa nella mostra collettiva “Fotografando l’arte” e “Pievi e piccoli borghi”, organizzata a Firenze presso il Palazzo Ammannati Pazzi, dal Circolo culturale ricreativo dei dipendenti dell’Università, presieduto da Emilio CASTELLUCCI, con il patrocinio dell’Università e del Comune di Firenze e della Banca Toscana, in collaborazione con il Cral dell’Istituto Ifac-Cnr e la consulenza artistica di Sabrina CECCHI. La mostra rimarrà aperta dal 10 dicembre al 6 Gennaio 2006.
S.V.
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