Una missione inutile?
Matteo
Miotto aveva solo ventiquattro anni e tanta voglia di vivere e di aiutare gli
altri. Era partito da Thiene, piccolo comune in provincia di Vicenza, nel mese
di luglio non per "sistemarsi" a livello economico dopo la missione in Iraq, ma
per adempiere al dovere che un alpino, appartenente al gruppo di Belluno, deve
sostenere. Purtroppo,
però, Matteo non aveva fatto i calcoli con un cecchino che nell'ultimo giorno
dell'anno gli ha sparato mentre era di turno sulla torretta di guardia alla
base del contingente italiano in Iraq, nel distretto del Gulistan.
Cosi, dopo
questo ennesimo lutto, tutti si interrogano se è giusto o meno proseguire in
quella che da missione di pace, sta divenendo sempre più un inutile stillicidio
di morti per il nostro Paese. In sette anni di conflitto sono già trentacinque
i caduti in territorio Afghano-Iracheno, uccisi per un motivo che va oltre la
sicurezza del mondo intero.
Inutile
nascondersi dietro la questione, tanto acclamata dall'amministrazione Bush, del
terrorismo, che c'era prima e, come si è dimostrato, c'è ancora oggi,
nonostante questa missione del contingente Aisaf in medioriente. Attacchi
Kamikaze si susseguivano prima del conflitto in tutto il mondo, attacchi
kamikaze ci sono purtroppo ancora oggi... I motivi che hanno spinto mezza Europa
ad appoggiare l'iniziativa americana nell'offensiva prima contro l'Afghanistan,
reo di ospitare Osama Bin Laden, e poi contro l'Iraq, reo di progettare-detenere
armi di distruzione di massa (mai trovate o quanto meno progettate...) dal regime
del rais Saddam Hussein, sono ben altri in realtà. E tutti di livello economico,
troppo importanti per decidere il ritiro delle truppe dai campi di guerra. Se
cosi realmente fosse stato, con la
condanna a morte dell'ex Rais, eseguita proprio nell'ultimo giorno dell'anno
del 2006, tutta la missione doveva subire una rapida evoluzione e programmare
il ritiro delle truppe di tutti i Paesi, lasciando il controllo
all'amministrazione irachena finalmente libera dopo tanti anni di dittatura.
Invece,
il controllo dei giacimenti di petrolio dislocati lungo il fiorente deserto
mediorientale, sono più importanti di trentacinque giovani vite spezzate da
terroristi guidati solo dall'odio verso gli invasori. La corsa all'oro nero ha
contagiato tutti i Paesi più industrializzati dell'Europa Occidentale ma non è
detto che tutti riusciranno, un giorno che il conflitto sarà terminato
(quando?), ad ottenere il loro tanto agognato tornaconto economico. Ma noi,
come semplici cittadini italiani, cosa ne ricaviamo da questa politica di
espansione economica? Non certo una
riduzione nel prezzo del greggio, che continua ad aumentare a grandi falcate
senza che nessun ente riesca a frenare la speculazione da parte delle case
petrolifere, che porta incessanti aumenti verso i consumatori, nonostante il
costo di un barile di petrolio sia pressoché invariato da mesi. Quante vite
dovranno ancora essere spezzate per porre fine a questa "missione di pace" (che
tutto sommato non lo è mai stata) anche inutile? Delle risposte plausibili, non
le meritiamo tanto noi che siamo, nostro malgrado, increduli spettatori di questo
spettacolo agghiacciante, quanto le famiglie dei caduti in tutti questi anni. Speriamo
che il nuovo anno porti maggiore saggezza nei nostri governanti, convincendoli
a mettere da parte i loro progetti economici, tenendo conto invece del grido sempre più forte da parte dell'opinione
pubblica nazionale, che chiede ora più che mai a gran voce, il ritiro dei suoi
figli da una terra infedele e che non ci
appartiene, né come cultura né tanto meno come generatrice di introiti
economici.
Salvatore
Cesareo
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