Seconda figlia (il primo è Antonio, 27 anni, che
studia a Ingegneria a Potenza) di Graziella
Di Noia e Ottavio Cafaro, Miria Cafaro,
22 anni, si è laureata il 12
dicembre 2006 in Scienze dell'educazione e
della formazione con indirizzo "Educatore alla Salute" presso l'Università di L'Aquila
con tesi dal titolo "Rapporto dialettico
etica e salute". L'articolo che segue sintetizza l'esperienza di tirocinio
avuta nella comunità Exodus di Tursi e presso il Sert di Policoro, che le ha
permesso di affrontare tematiche complesse come alcool e droga, due tra i
grandi mali della società industrializzata contemporanea.
Non c'è giorno che passi senza che si senta parlare di giovani vittime della droga,
una piaga sempre più dilagante della nostra società, bombardata da continui
mutamenti e cambiamenti, questi ultimi dovuti al continuo sviluppo tecnologico
che provoca crisi d'identità. Si avverte il bisogno di trovare delle ancore per
non essere travolti e soffocati, essendo mali che non perdonano chiunque abbia
iniziato tale esperienza anche in modo involontario e incosciente. Spesso non
si riesce a capire e, di conseguenza, a dare una risposta a tali devianze, anzi,
si finisce solo col rimanere tristi e sconfortati nel pensare che tanti giovani
cercano nell'alcol e nella droga soluzione, conforto, ma in particolar modo
evasione da una realtà soffocante e difficile del nostro territorio. Non si ha
più la forza e il coraggio di affrontare e combattere le immense insidie della
vita, mancando lo stimolo giusto per poter andare avanti.
L'esperienza avuta al Sert di Policoro e nella
comunità Exodus Onlus di Tursi mi ha permesso di riflettere sulle problematiche
cause relative alla tossicodipendenza e all'alcolismo in generale e con maggior
rilievo nel nostro territorio. Purtroppo, e lo dico con grande amarezza, c'è
ancora una chiusura mentale che influenza molto la vita di un giovane. L'alto
tasso di disoccupazione, l'abbandono della scuola, la presenza persistente di
tabù, la voglia di sperimentare, le condizioni di malessere psichico e di
problematiche familiari, sono tutti elementi non secondari che s'amalgamano
nella mentalità diffusa. Molte volte, però, le idee che si hanno non
corrispondono alla vera realtà delle cose, forse perché si vuole guardare con
una diversa ottica o, meglio, non accettare ciò che si ha di fronte. Spesso ci domandiamo:
"perchè ci si droga?", "cosa si cerca nella droga?", "di chi è la colpa?". Ritengo
che non ci sia una sola causa, ma molteplici. E' importante riconoscere che le
droghe, per la maggior parte di chi le usa, provocano effetti per loro "positivi",
che le rendeno attraenti, ma una volta sperimentate sono in grado di attivare
nel tempo la loro continua e affannosa ricerca. Alla sperimentazione di esse,
sovente si associa una condizione di malessere psichico (stati ansiosi,
difficoltà di relazionarsi, timidezza, scarsa autostima, senso di noia,
insicurezza), che a volte trova purtroppo un'efficace soluzione transitoria proprio
con le stesse droghe, provocando una condizione di rischio che inizia con l'uso
saltuario di sostanze e finisce con l'instaurarsi di una dipendenza fisica e
psichica. Alla domanda "perché i ragazzi si drogano" si può rispondere e
sottolineare che: 1) le droghe e l'alcol sono molto disponibili; 2) l'effetto
della sostanza viene considerato piacevole; 3) le sostanze danno risposta
artificiale a problemi e malessere esistenziali; 4) vengono percepite come "utili"
per risolvere senza sforzo i problemi della propria personalità; 5) aiutano i
giovani a sentirsi parte di un gruppo.
Non ci sono colpevoli e non ha senso affrontare
queste tematiche in termini di "colpa", forse sarebbe meglio parlare di
responsabilità, che certamente vede in primo piano chi non esita ad organizzare
il traffico e lo spaccio per realizzarne un guadagno, per arrivare ad includere
la difficoltà nei rapporti affettivi e l'indifferenza per il progressivo
scadimento delle scelte di valore e di impegno nei confronti degli altri e di
se stessi. Esiste poi il ruolo e la funzione della famiglia che oramai sta
scomparendo che dovrebbe aiutare ad interiorizzare valori personali e sociali e
ad acquisire senso critico di responsabilità, al fine di dotarsi di meccanismi
di difesa adeguati ad affrontare le difficoltà quotidiane. Ma non va
dimenticato che il principale responsabile è il giovane stesso che, con
consapevolezza e serenità, è il vero artefice dei comportamenti. I ragazzi che
fanno uso di sostanze stupefacenti vengono circoscritti come "tossicodipendenti"
ma è triste usare questo termine, direi solo ragazzi che percorrono un tunnel
senza luce e che devono essere accompagnati da figure adulte vere
in un percorso verso un autonomo progetto di vita affinché rivedano la bellezza
della luce e imparino ad utilizzare meglio la propria razionalità. E' presente
tra questi ragazzi la sfiducia di uscire dall'oscurità e in particolar modo di
poter dire "anche io c'è l'ho fatta e non vedo più nella mia mente quel
fantasma che mi ha attivato l'impulsività e l'aggressività".E' difficile stare
vicino a ragazzi con tali problematiche ma ciò che contraddistingue la gestione
di un percorso terapeutico è l'Amore", la "Passione" di voler aiutare l'altro,
la voglia di lottare, di prendersi per mano per poter camminare, soffrire e
gioire insieme, quindi salire su un'arca e sperare di vedere un giorno
l'arcobaleno. Il mondo cambia continuamente e noi giovani siamo gli
interpreti recettivi del nuovo; prima di agire bisognerebbe imparare a saper
ascoltare e solo in seguito proporre una relazione, che vuol dire comunicazione,
in cui si dà e si riceve. Bisogna incentivare la comunicazione nella famiglia
anche condividendo i nuovi linguaggi dei giovani perché solo così si potrà
avvertire se c'è presenza di disagio, di paura di vivere, di isolamento, di
depressione, e soprattutto cercare di accentuare l'attenzione su un altro
oggetto come un film o un buon libro visto che da alcuni anni le statistiche ci
mettono in evidenzia che il consumo dei libri conta una popolazione pari al
38/39%. Ritenuta da SENECA una delle
più sicure ricchezze di cui fa dono la vita, la lettura rende l'uomo libero
intellettualmente e spiritualmente. "Nel paese dei balocchi" Don MAZZI scrive: " Il libro è un po'
come il seme e noi come il terreno, un popolo che non legge è un popolo che non
semina".Non bisogna cedere e mollare, supponendo che la droga sia stata vinta,
è in continuo aumento anche se si pensa il contrario. C'è bisogno di maggiore
prevenzione che abbia lo scopo di far aprire gli occhi e la mente ai ragazzi
davanti a queste devianze che stanno soffocando la nostra società. La vera
prevenzione suppone l'amore per quello che si fa, l'accettazione di se stessi e
la voglia di stare con gli altri. I mass- media stanno tralasciando, da tempo,
di collocare il dramma della droga tra gli argomenti forti e di prima pagina. Poiché
si vedono meno ragazzi circolare nelle metropolitane e vomitare negli angoli
delle strade si è concluso che è in via di estinzione il fenomeno. Però ogni
lunedì mattina contiamo i morti e ogni lunedì sera li dimentichiamo.
Miria Cafaro
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