Il 27 gennaio è una data che ricorda una tragedia
tutta europea, della quale vi sono ancora testimoni. Non è l'unica tragedia
della storia, non sarà, purtroppo l'ultima, ma è qualcosa che gli europei e
tutto il mondo occidentale non possono permettersi di archiviare. La crisi
della democrazia europea, che sfocia nel fascismo e nel nazismo, con
l'elaborazione di una strategia imperialista, che scatena l'invasione e
l'occupazione di altri paesi, sostenuta da una feroce e inumana ideologia sciovinista
e razzista, causa la seconda guerra mondiale. Il tutto sostenuto da
un'organizzazione capillare del potere e del consenso, che è arrivata a negare
la dignità stessa della persona umana attraverso forme di annientamento a
gestione aziendale. Tutto questo pesa come un macigno su ognuno di noi. Tra le
tante lezioni che tale periodo di storia europea ci presenta, ne possiamo
trarre due particolarmente attuali. La prima è che la democrazia non è mai un
fatto scontato, ma va rinnovata e attualizzata nelle sue forme di regolatore
della vita civile e della partecipazione, perché le tentazioni autoritarie sono
sempre in agguato. La seconda riguarda l'economia, e che quindi non era vero
allora e non è vero oggi che il capitalismo e il libero mercato siano possibili
senza democrazia. La terribile efficienza con cui erano gestiti il lavoro e la
morte nei lager nazisti, avevano una tragica logica economica e di mercato. Il
27 gennaio dunque deve essere, da un lato, il dovere
etico e politico della memoria e, dall'altro, si deve continuare a riflettere
su quanto e come è successo, pensando all'azione inumana nei confronti dei
prigionieri e dei deportati, per la grandezza del Reich e per la ricchezza di
qualche miserabile individuo. "Arbeit macht frei " ( Il lavoro rende liberi ), c'era
scritto sui cancelli d'Auschwitz. Una scritta beffarda che per le SS aveva un
significato ben preciso. Infatti, il lager aveva un sua economia: i deportati
erano una forza lavoro sfruttata fino allo sfinimento. La loro morte poteva
dipendere semplicemente dall'andamento della produzione, a seconda del
turn-over; un "lavoratore" poteva essere spremuto da due a sei mesi, chi non
poteva essere considerato forza lavoro, era mandato a morire subito, oppure diventava
cavia per esperimenti. Non è possibile un colpo di spugna sul passato e che dopo
60 anni le ragioni e i torti non abbiano più senso. Con questo spirito sin dal
2001 si è celebrato "il Giorno della Memoria", le prime di queste iniziative
hanno avuto luogo a Roma, in Campidoglio e da lì è iniziata una lunga
riflessione sul senso della memoria e di quanto è accaduto in Europa.
L'esercizio della memoria è un impegno importante ed è giusto che sia trasmesso
in tutti gli ambienti, nei confronti dei giovani, che hanno bisogno di
strumenti di pensiero e d'orientamento. Il 27 gennaio alle ore 11.59 (ora in
cui il primo soldato russo entrò ad Auschwitz), in tutte le scuole italiane e
in tutti i luoghi di lavoro, riteniamo che sia stato rispettato un minuto di silenzio,
seguita dalla lettura della poesia che segue, affinché le sue parole restino
scolpite nei nostri cuori.
Se questo è un uomo di Primo LEVI
Voi che
vivete sicuri nelle vostre tiepide case, / voi che trovate tornando la sera il
cibo caldo e visi amici./ Considerate
se questo è un uomo, / che lavora nel fango, che non conosce la pace, che lotta
per mezzo pane, / che muore per un sì e per un no. / Considerate se questa è
una donna, / senza capelli e senza nome, senza più forza per ricordare. / Vuoti
gli occhi e freddo il grembo come una rana d'inverno. / Meditate che questo è
stato, / vi comando queste parole, scolpitele nel vostro cuore, stando in casa,
andando per via. / Coricandovi, alzandovi, ripetetele ai vostri figli. / O vi
si sfascia la casa, la malattia ve lo impedisca. / I vostri cari torcano il
viso da voi.
Nuccio Mormando
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