Nova Siri - Grande serata di “CinemdaMare” nella piazzetta Troisi, con l’intervista del direttore Franco Rina a Giuliano Montaldo, uno dei maestri della cinematografia e della televisione italiana, nel recente quadriennio presidente di Rai Cinema. Lo abbiamo ascoltato in mattinata, in compagnia della moglie Vera Pescarolo Montaldo, vivace produttrice e regista. D. Che rapporto ha Montaldo con questa rassegna? Sollecitato dall’amico Rina, sono venuto per rivedere alcuni studenti della scuola di Roma, diventati autori e per scoprire in auto la Basilicata, che conoscevo solo per un premio a Potenza. Ho constatato, la naturale vocazione cinematografica del territorio, che mi ha fatto ricordare, non saprei bene perché, i film di Leone. In effetti, parecchi spaghetti-western sono stati girati da noi, ma, per “nobilitare” la produzione, i responsabili non sottolinearono questa scelta, preferendo indicare le location in Jugoslavia, Marocco e Spagna… E’ vero, a volte senza neppure la Spagna, d’altronde autori e tecnici usavano persino pseudonimi americani (compreso Sergio Leone, Gian Maria Volontè e tantissimi altrI) . Per gli spettatori d’oltre oceano fu anche la divertita scoperta di un’ambientazione. Dall’epoca d’oro del cinema italiano, apprezzato in tutto il mondo, alla situazione attuale. Forse perché presi dai problemi televisivi, con le nuove leggi stanno togliendo dei fondi, già pochi, penalizzando, in tal modo, la nostra cultura del cinema, il quale necessita di notevoli stanziamenti proprio per competere sul mercato mondiale, come avvenne al tempo in cui operavano parecchi formidabili cineasti degli anni ’70, con produttori veri come Cristaldi, Ponti, Mario Cecchi Gori, De Laurentiis, che è ancora il più “giovane”. Solo un problema produttivo e di finanziamenti, o anche creativa e di storie? Mi capita di vedere un film scritto, diretto, interpretato, montato, fotografato, musicato ed altro ancora, dello stesso autore. Questo mi lascia perplesso. Mancando l’apporto e la dimensione “artigianale” di un gruppo, è difficile fare capolavori, anche se con Nanni Moretti è successo. La formazione è fondamentale. Lei è un autore di film memorabili e di un Marco Polo televisivo straordinario. A livello ideativo e di scrittura cosa cambia? Se non sussistono problemi di finanziamento, praticamente nulla, a parte qualche primo piano in più per la tv. Io non credo alle teorizzazioni differenzianti. “La meglio gioventù” di Giordana ne è un esempio oggi, come lo sono stati nel passato recente i grandi film televisivi italiani, venduti molto bene all’estero. Il corto è comunque una palestra importante e necessaria per maturare la capacità di raccontare? La mia generazione praticava maggiormente il documentario, ma non c’è dubbio che il corto possa costituire una gavetta basilare, per capire a direzione degli attori, la fotografia, il montaggio. Qual è l’apporto delle nuove tecnologie? Il digitale deve servire per raccontare in modo, funzionale, ma non deve essere un’esibizione tecnica di se stessa. E quindi torniamo al problema della sceneggiatura e della scrittura filmica, al rigore formale di un’opera che deve stupire lo spettatore, non per gli effetti gratuiti e gli orpelli tecnici. Una curiosità: Matera non le ha mai ispirato qualcosa? Non ho mai pensato alla Città dei Sassi solo per una inquadratura o anche una sequenza. Però, ultimamente, un progetto vero l’avrei. Salvatore Verde
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