Laura Battista, poetessa lucana, patriota del
Risorgimento, con
il senso della concezione dolorosa della vita
Laura Battista, Lauretta come
amabilmente veniva chiamata, o più propriamente Laura Gerarda Rosa Maria,
nacque il 23 novembre 1845 a Potenza, da genitori materani.
Il padre,
Raffaele
Battista, era docente di latino e greco al Liceo Classico di Potenza,
amante
delle lettere, patriota e guardato con sospetto dai gesuiti. Laura fu
una delle molte donne
che, nell'Italia Meridionale del secondo Ottocento, attraverso la
scrittura
denunciarono il destino di isolamento e subordinazione.
Poetessa
precocissima,
imparò a scrivere da bambina, in un tempo in cui l'analfabetismo era
altissimo. Pubblicò la sua prima poesia "All'usignolo" sull'antologia
lucana "Fior di Ginestra", composta a soli tredici anni. E il senso
della
concezione dolorosa della vita è già presente in questa sua incantevole
opera
scritta dopo la morte della madre. La poetessa immagina l'usignolo
cantare
sulla lapide della madre e con le sue melodiose note alleviare il suo
dolore" "Odo i concenti tuoi, e di quai dolcezza
m'infondon mai ne l'addogliato core". La morte della madre causò a Laura, ancora
bambina, un profondo dolore, "Colei che
sola m'abbellia la vita or poca polve in una tomba giace".
Nel 1870, a
causa di un dissesto economico familiare, dovuto alle persecuzioni di cui fu oggetto il padre
in ragione delle sue posizioni politiche, Laura dovette "cercare un
lavoro". Divenne maestra di scuola Elementare, venne assunta nel Convitto Magistrale di Potenza e
nel 1880 ottenne un posto alla scuola Normale di Camerino. L'insegnamento fu
una delle prime professioni pubbliche che il nuovo Stato Italiano permise alle
donne. Mente colta, padrona del latino, dell'inglese
e del tedesco, tradusse Moore, Byron, Goethe, e fu in corrispondenza epistolare
con autori come Aleardi, Carducci e Graf.
Nella sua breve esistenza, conobbe e visse il Risorgimento
italiano, partecipando agli eventi e testimoniandoli con poesie cariche di
passione e senso di amore per la sua bella terra: "O Patria mia, vedo il tuo lutto e il pianto, e la sventura che ti spinse
in fondo d'inaspettati affanni, nel giorno de la gioia suprema in cui percossi
da la tua spada spaventosamente, con prodigio repente caddero i tiranni! Vedo
l'angoscia più del pianto amara, vedo il pallor profondo de la bella tua
fronte, e il vedo vile ammanto che ti riveste, e mi desta in core il senso del
dolore! O Italia mia, piangi, che bene in questo dì n'hai donde, a lamentar sol
nata eterna sventurata!...".
Il
destino fu crudele con lei, prestò dovette ritirarsi dall'insegnamento, si
ammalò gravemente, con il marito Giuseppe Lizzadri si trasferì a Tricarico,
dove morì il 9 agosto 1884. Aveva solo 38 anni. Nei lavori di sistemazione del cimitero di Tricarico nel 1928, la
tomba della poetessa fu abbattuta e "le ossa accolte in una piccola teca,
furono unite a quelle della fossa comune. In quell'occasione venne distrutta
anche la lapide che ricordava il suo nome".
E'
bello ricordarla secondo il giudizio di Claps: "Nessuna donna
italiana, infatti, sentì così fortemente l'amore per l'Italia: nessuno invero
seppe fremere tanto di sdegno generoso e commosso, attraverso accenti caldi e
prorompenti, contro chiunque osasse offendere la patria quanto Laura Battista".
Alcuni versi composti in età giovanile ci fanno capire quanto fosse completa
questa donna nonostante la sua giovane età: "E ti rividi, o cara, e sul mio viso volarono i tuoi baci, e m'han
mostrato in terra il paradiso pochi istanti fugaci. E che palpiti, e quanto
desio di gloria mi si accrebbe, e ardore di rimanerti accanto. E noi vivremo
come in ciel vivranno gli Angeli del Signore, d'amore e d'armonia misti a un affanno che fa sublime il
core...".
Antonella Gallicchio
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